Raul Zibechi sui 5 di Bachajon


La Jornada – Mercoledì 4 maggio 2011

Raúl Zibechi: Difendere la propria terra, è il solo crimine degli ejidatari di Bachajón arrestati

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 3 maggio. “L’unico crimine compiuto dagli ejidatari di San Sebastián Bachajón è stato voler vivere sulle proprie terre, le terre dei loro nonni, dei loro più remoti antenati, delle quali ora si vogliono appropriare le multinazionali del denaro e della morte. I cinque ejidatari in carcere dal 3 febbraio, e Patricio Domínguez Vázquez,arrestato a metà di aprile nell’ejido di Monte Redondo del municipio di Frontera Comalapa, sono vittime della classe politica che lavora per le multinazionali”.

E’ questo quanto dichiarato dall’analista politico Raúl Zibechi in un messaggio inviato da Montevideo, Uruguay, col quale si unisce alla domanda internazionale di liberare i cinque detenuti di Bachajón, aderenti all’Altra Campagna, e di Domínguez Vázquez, base di appoggio zapatista del municipio autonomo Tierra y Libertad, che nei giorni scorsi è stata espressa in 33 città, solo in Francia, ed in una ventina in altri paesi.

“Oggi la guerra è per la terra, per appropriarsi della vita che accoglie e riproduce, e per questo gli indigeni e i contadini sono solo un fastidio di cui è necessario disfarsi. Da quando il capitale ha deciso che tutto è merce, non c’è più spazio né angolo del pianeta che possa sottrarsi a quest’ambizione.  “Per appropriarsi della terra, hanno scatenato quella che gli zapatisti chiamano la quarta guerra mondiale che, in America Latina, espelle milioni di persone da oltre 100 milioni di ettari di terre. I grandi progetti del settore minerario a cielo aperto, le monocolture di canna da zucchero, mais e soia per produrre benzina, e le piantagioni di alberi per fabbricare la cellulosa, stanno uccidendo la vita e la gente da sud a nord”.

In alcuni casi, segnala, “come successo a Patricio, non solo vengono imprigionati, ma danno fuoco alle loro case, perché in realtà vogliono che abbandonino la loro terra”. Questa guerra “dura da sessant’anni in Colombia”, dove ha permesso che più di quattro milioni di ettari “passassero dai contadini ai paramilitari, poiché questi si offrono come sicurezza dalle multinazionali”. Una guerra che vuole di espellere i contadini, “più di tre milioni negli ultimi 20 anni”, e sgombrare i territori per la speculazione del capitale.

“In Colombia, i territori della guerra coincidono esattamente con quelli che ambiscono le società minerarie ed i megaprogetti infrastrutturali”.

La stessa cosa succede ora nel resto del continente, aggiunge lo scrittore uruguaiano: “il governo del Brasile sta trasformando i fiumi amazzonici in fonti di energia economica per le grandi imprese”, con gigantesche dighe “alla cui costruzione lavorano 10, 15 e fino a 20 mila operai mal pagati e peggio trattati, nuovi schiavi al servizio di governi sottomessi al capitale, e quando si ribellano, come successo a Jirau (stato di Roraima) nel mese di marzo, sono accusati di essere banditi.

“Quello che più duole, e quello che più insegna, è come la classe politica che una volta ha detto di essere di sinistra, si unisce alla classe politica che è sempre stata di destra per espellere ed imprigionare contadini e indigeni, dimostrando che sono tutti uguali quando si vuole attaccare quelli che stanno in basso per fare affari per quelli che stanno in alto. Ed usano l’argomento ‘ecologico’, scuse politicamente corrette per camuffare il saccheggio.

Rivolgendosi al Movimento per la Giustizia del Barrio, di New York, “da questo angolo del continente”, Zibechi si unisce alla campagna “per la libertà dei cinque di Bachajón e per Patricio”, e sostiene che “la solidarietà e la fraternità tra i popoli non conosce frontiere, né può aspettarsi niente da chi sta in alto né dalle istituzioni. Dipendiamo solo da noi stessi”.http://www.jornada.unam.mx/2011/05/04/index.php?section=politica&article=016n2pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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