Natale in Messico e #Ayotzinapa


Il Messico riceve oltre 24 milioni di turisti ogni anno, una vera potenza. In queste vacanze natalizie, tra Città del Messico, Oaxaca e soprattutto lo Yucatan, ne arriveranno almeno 500 mila in pochi giorni. Molti di loro pernotteranno e passeranno le giornate in un hotel all inclusive della famosa riviera maya, ottima maniera per rilassarsi e non pensare a niente. Ma il Messico vero, là fuori, non smette di protestare e di mostrare al mondo la vera faccia del paese, il “paese reale”. Quello degli oltre 130 mila morti in 8 anni quello della guerra alle droghe e ai narcos che s’è trasformata in una specie di guerra civile sanguinaria e in un conflitto contro la stessa società, quello dei 27 mila desaparecidos che ormai supererano le cifre delle sparizioni forzate dell’ultima dittatura argentina.

Il periodo di letargo per Natale quest’anno durerà di meno, perché la società pare essersi risvegliata e non c’è giornata che passi senza che venga promossa e realizzata un’iniziativa per i 43 studenti desaparecidos di Ayotzinapa, un caso che ha fatto e continua a fare il giro del mondo per la sua crudeltà ed efferatezza, rese ancor più drammatiche dalla certezza che si tratti di un crimine di stato e non di un conflitto tra bande o un problema “politico” di indole locale e circoscritta.

I problemi della violenza e della corruzione in Messico sono strutturali, il tasso di omicidi s’è triplicato in 5 anni, la connivenza del mondo politico e degli apparati di polizia coi narcos e, anzi, il coinvolgimento delle istituzioni (sindaci, funzionari pubblici, esercito, marina, polizia a tutti i livelli, governatori, parlamentari…) nei massacri e nelle desapariciones è evidente: che si tratti di omissioni e coperture o di azioni dirette poco importa.

Il 22 dicembre il National security archive degli Stati Uniti ha reso pubblici dei documenti della procura messicana secondo i quali almeno 17 poliziotti sarebbero stati coinvolti in una delle peggiori mattanze degli ultimi anni, quella di 193 migranti centroamericani a San Fernando, nello stato orientale del Tamaulipas, avvenuta probabilmente nel marzo 2011. Già nell’agosto 2010 altri 72 migranti furono uccisi nella stessa località, in quella che è tristemente nota come la “prima” mattanza di San Fernando. In entrambi i casi la colpa della strage venne attribuita ai membri del cartello degli Zetas, i narcos che dominano le regioni centro-orientali del paese e la zona del Golfo del Messico. Oggi la versione ufficiale viene messa in discussione ed emergono indizi sul coinvolgimento della polizia, come a Iguala il settembre scorso.

La notte del 26 settembre scorso la polizia di Iguala, nello stato meridionale del Guerrero, ha ucciso sei persone. Tre di queste erano studenti della scuola normale rurale di Ayotzinapa che erano lì per fare una colletta e poter così partecipare alla manifestazione nazionale del 2 ottobre nella capitale. La polizia locale ha sparato contro di loro, l’esercito e la polizia federale si sono tappati gli occhi (e stanno emergendo prove di un loro possibile intervento diretto) e infine la polizia di Iguala, aiutata da quella della vicina cittadina di Cocula, ha consegnato 43 studenti ai narcotrafficanti del cartello locale dei Guerreros Unidos. Secondo la procura e tre detenuti, presunti membri del gruppo criminale, nella notte gli studenti sarebbero stati condotti alla discarica di Cocula e bruciati. I loro resti sarebbero stati dispersi nella discarica e nel fiume sottostante. Le ceneri e alcuni resti ossei sono in Austria per dei complessi studi del DNA e, per ora, solo uno studente è stato identificato: si chiamava Alexander Mora.

Ciò non significa che le responsabilità siano state chiarite, anzi. La versione ufficiale fa acqua da tutte le parti. I periti argentini indipendenti che lavorano sul caso per conto dei familiari delle vittime e della società civile, che non si fida delle autoritò, sostengono che l’identificazione di Alexander è corretta, ma che non c’è nessuna certezza del fatto che i resti siano stati trovati effettivamente nella discarica e che non siano stati portati lì in un secondo momento. Aumentano i sospetti sull’esercito, l’istituzione che storicamente nello stato del Guerrero s’è resa protagonista della guerra sporca (la “Guerra sucia”) contro i gruppi dissidenti, i sindacati, i contadini, gli indigeni, le guerriglie e gli studenti, in particolare quelli legati alla scuola di Ayotzinapa.

Ad ogni modo alcune certezze ci sono. Lo stato messicano ha delle chiare responsabilità nella strage, vista la partecipazione diretta della polizia nell’uccisione di tre studenti e di altre tre persone, oltre che nel sequestro dei 43 normalisti che sono tuttora desaparecidos. Le autorità, la procura e il governo, sapevano della situazione “tesa” a Iguala da mesi, se non da anni. Sapevano del narco-sindaco di Iguala, José Luis Abarca, che avrebbe dato l’ordine di catturare gli studenti e ora è in prigione accusato dell’omicidio di un oppositore politico nel 2013. L’ondata di proteste globali e nazionali per quest’ennessima strage, in un Messico che non vede la luce alla fine del tunnel della violenza, rappresenta un punto di svolta, la rottura dei piani riformatori del governo e il risveglio della società civile, dei movimenti sociali e delle coscienze.

In questo dicembre, per le “vacanze” di Natale, l’ombra di Ayotzinapa aleggerà sulla classe politica e dirigente messicana, in attesa di capire se nel 2015 si privilegeranno le soluzioni fast track autoritarie con “mano dura” e i tentativi di chiudere il caso e superarlo rapidamente, come successo finora, o le opzioni di riforma profonda del sistema e di cambiamento che propongono la società, raccolta intorno ai familiari delle vittime, e i movimenti. Dal Chiapas gli zapatisti hanno organizzato un Festival Mondiale delle Resistenze e delle Ribellioni e hanno deciso di cedere ai genitori di Ayotzinapa i loro spazi durante l’evento che è itinerante e dura dal 21 dicembre al 3 gennaio. Ecco la video-notizia dell’innaugurazione del Festival nei dintorni di Città del Messico.

http://www.huffingtonpost.it/fabrizio-lorusso/natale-in-messico_b_6367064.html

I commenti sono stati disattivati.

  • You enabled the 2nd sidebar. Add some widgets here to remove this notice