[27-03-2013] Paramilitarismo e controinsurrezione in Messico, una storia necessaria


Gilberto López y Rivas

I gruppi paramilitari nel nostro paese già esistono da più di quaranta anni. Durante questi quattro decenni, i paramilitari sono stati incaricati dell’annichilimento delle organizzazioni guerrigliere, e della distruzione violenta dei movimetni studenteschi e popolari.

Il paramilitarismo è riconosciuto nel lessico militare di tutti gli eserciti del mondo, incluso il messicano. Il generale di brigata in ritiro Leopoldo Martínez Caraza, nel suo libro Lessico storico militare [1], pubblicato dalla Segreteria per la Difesa Nazionale (SEDENA), afferma: “Paramilitare: che ha una organizzazione con procedure simili a quelle militari, senza averne il carattere”. La definizione aiuta, ma è vaga e completamente insufficiente. Non chiarisce come si arrivi ad avere questa somiglianza con le forze armate nell’organizzazione, o nelle procedure militari.

John Quick è più preciso. Definisce i paramilitari come: “quei gruppi che sono distinti dalle forze armate regolari di un qualsiasi paese o stato ma che si attengono alla medesima organizzazione, equipaggiamento, addestramento o missione rispetto alle prime” [2]. Questa è una approssimazione maggiore: tanto i militari che i paramilitari hanno la medesima organizzazione, addestramento e missione.

Nonostante ciò, si mantiene vaga l’origine dell’organizzazione paramilitare. Come si è giunti a questa organizzazione? Perché il militare di professione e il paramilitare hanno la medesima missione? Chi dà a quest’ultimo la medesima missione?

I gruppi paramilitari, in ogni caso, agiscono attraverso una delega del potere dello stato e collaborano agli obiettivi di questo, ma senza far propriamente parte “dell’amministrazione pubblica”. Così il paramilitare non viene definito solo per similitudine di missioni o organizzazione, ma perché ha origine da una delega della forza punitiva dello stato.

In Messico, questa delega di funzioni è provenuta direttamente dall’esercito, dai corpi di intelligenza-sicurezza, o dalla combinazione di ambedue, ma usualmente sotto gli ordini del Potere Esecutivo, nella sua qualità di capo supremo delle forze armate, e sempre come delega diretta dello stato.

“I falchi”, uno dei primi gruppi paramilitari, fu creato per iniziativa di ufficiali dell’esercito, anche se sotto l’amministrazione dell’allora Dipartimento del Distretto Federale. I suoi membri erano giovani delle bande (pandilleros) con un addestramento e una guida militare, destinati al controllo, infiltrazione e distruzione del movimento studentesco, così come di qualsiasi fuoco di guerriglia che potesse sorgere dalle file di questo. È del tutto documentato che questo gruppo fu creato da un colonnello dell’esercito messicano i cui servizi furono successivamente premiati con l’impunità e l’ascesa militare.

Nel 2008 Gustavo Castillo García fece nel giornale La Jornada una relazione dettagliata del più conosciuto gruppo paramilitare durante la cosiddetta “guerra sporca”, a partire da un suo studio documentale nell’Archivio Generale della Nazione:

La Brigata Speciale, come ufficialmente fu chiamata la Brigata Bianca, riunì nel giugno del 1976 un gruppo di 240 elementi, fra poliziotti della capitale e dello Stato del Messico, militari e personale della Direzione Federale di Sicurezza (DFS), così come della Polizia Giudiziaria Federale, per “indagare e localizzare attraverso tutti i media i membri della cosiddetta Lega Comunista 23 Settembre. L’ordine era di bloccare le attività della lega e arrestare” i guerriglieri che agivano nella valle del Messico, rivelano documenti ottenuti dalla Procura Generale della Repubblica (PGR), che sono il punto di partenza delle indagini che ancora vengono fatte intorno ai fatti avvenuti durante la cosiddetta guerra sporca. Secondo i rapporti ufficiali, anche se la Brigata Bianca fu formata nel 1972 e operò nel Guerrero, Sinaloa, Chihuahua, Nuevo León, Jalisco, Puebla e Morelos, fu fino al giugno del 1976 quando il governo di Luis Echeverría decise che sarebbe stato creato un gruppo speciale che agisse a città del Messico, il comando del quale fosse nelle mani del colonello Francisco Quiroz Hermosillo, del capitano Luis de la Barreda Moreno e di Miguel Nazar Haro. I documenti consultati hanno il proprio originale depositato nell’Archivio Generale della Nazione. In quelli viene dettagliato il “Piano Operativo Numero Uno: Indagine”. Il gruppo aveva in dotazione 55 veicoli, 253 armi: di cui 153 erano Browning calibro nove millimetri. [3]

Così, il rapporto con lo stato fornisce un elemento fondamentale per una comprensione più consona dell’esperienza messicana. Sulla base di questa esperienza, propongo la seguente definizione: i gruppi  paramilitari sono quelli che hanno una organizzazione, un equipaggiamento e un addestramento militare, ai quali lo stato delega la realizzazione di missioni che le forze armate regolari non possono apertamente portare a termine, senza che questo implichi il riconoscimento della sua esistenza come parte del monopolio della violenza statale. I gruppi paramilitari sono illegali e impuniti perché così conviene agli interessi dello stato. Il paramilitarismo consiste, allora, nell’esercizio illegale e impunito della violenza dello stato e nell’occultamento dell’origine di questa violenza.

Storicamente, il paramilitarismo è stato una fase della controinsurrezione, che viene adottato quando il potere delle forze armate non è sufficiente ad annichilire i gruppi insurrezionali, o quando il discredito militare obbliga alla creazione di un braccio paramilitare, legato clandestinamente all’istituzione castrense.

La dottrina militare messicana non lo chiama paramilitare ma “persanale civile” e ne stabilisce la sua urgente necessità per controllare la popolazione durante le operazioni di controguerriglia. Il Manuale di Guerra Irregolare del SEDENA sostiene:

531. Le operazioni di controguerriglia fanno parte delle misure di sicurezza che un comandante di teatro delle operazioni adotta nella sua zona di retroguardia, per evitare che le operazioni regolari soffrano interferenze causate dalle azioni di bande di traditori e nemici, per cui il comandante di un teatro di operazioni dovrà impiegare tutti gli elementi organizzati e anche la popolazione civile per localizzare, colpire e distruggere le forze avversarie. [4]

Gli scopi per l’impiego della popolazione civile sono evidenti in questo paragrafo. Ma qui, la necessità della popolazione civile è aleatoria e viene usata solo in caso di interferenza del nemico. Nonostante ciò, più avanti, il manuale militare messicano stabilisce un modo più sicuro e organico di utilizzazione di civili nelle operazioni di controguerriglia rurale:

547. Quando Mao afferma che “il popolo è per la guerriglia come l’acqua per il pesce”, indubbiamente è un detto di una persistente validità, poiché abbiamo già visto che le guerrigle crescono e si rafforzano con l’appoggio della popolazione civile, ma, tornando all’esempio di Mao, al pesce si può rendere impossibile la vita nell’acqua, agitandola, o introducendo elementi negativi per la sua sopravvivenza, o pesci più feroci che lo attacchino, lo perseguitino e lo obblighino a correre il rischio di essere mangiato da questi pesci voraci e aggressivi che non sono altro che le contro guerriglie. [5]

L’esperienza dell’Esercito messicano nell’annichilimento della guerriglia che diresse il professor Lucio Cabañas tra il 1968 e il 1974 ha dimostrato che l’uso di contadini e braccianti come informatori fu fondamentale per ubicare, cercare e annichilire le Brigate di Aggiustamento del Partito dei Poveri.

Ma l’uso di civili va più in là: secondo il Manuale di Guerra Irregolare, le operazioni della controguerriglia vengono condotte anche con personale civile o militarizzato (civili o poliziotti diretti da capi militari). Vediamo il seguente paragrafo del Manuale:

551. Per quanto detto prima, si può dire che le operazioni di controguerriglia sono quelle che sono condotte sul terreno da unità di personale militare, civile o militarizzato proprio per localizzare, colpire e distruggere le forze formate da nemici e traditori della patria che conducono operazioni militari con tattiche di guerriglia. [6]

Questo tipo di operazioni di controguerriglia viene condotto da personale civile ed è destinato al controllo della popolazione. Specifica il Manuale:

552. Le operazioni di controguerriglia comprendono due differenti forme di operazioni in relazione tra di loro, che sono:

A: Operazioni per controllare la popolazione civile.

B. Operazioni tattiche di controguerriglia.

553. Come si può apprezzare, la prima forma non è una operazione militare classica, per cui può essere condotta da personale civile o militarizzato, anche se diretto, consigliato e coordinato dal comandante militare dell’area, mentre le operazioni tattiche di controguerriglia sono condotte da unità militari e militarizzate. [7]

Secondo il Manuale di Guerra Irregolare, la responsabilità sull’uso della popolazione civile ricade sul governo federale e sugli accordi con i governi degli stati e con le diverse autorità dell’area del conflitto. Il paragrafo C del punto 562 specifica:

562. I comandanti che pianificano delle operazioni di controguerriglia e la popolazione civile sono retti da restrizioni e accordi che il governo federale ha con gli stati e le diverse autorità dei luoghi in conflitto. Nel caso che il problema sia suscitato in aree occupate dal nemico, le controguerriglie stabiliranno un coordinamento con la resistenza per localizzare e distruggere i gruppi di traditori. [8]

Questo paragrafo specifica che la responsabilità di usare dei civili in operazioni di controguerriglia ricade direttamente sul governo federale, così come sulle autorità locali e statali dell’area di conflitto. Il medesimo Manuale stabilisce che il diritto internazionale è applicabile nel caso in cui le forze armate commettano trattamenti inumani o atti criminali contro la popolazione civile.

F. Fattori psicologici. Una popolazione che appoggia attivamente la guerriglia aumenta la possibilità di individuare le guerriglie. Nel nostro territorio generalmente incontreremo l’appoggio della popolazione e particolarmente nelle aree liberate nelle quali si opponeva agli obiettivi della forza nemica. La popolazione che appoggia gli obiettivi del nemico favorisce le proprie guerriglie. L’obiettivo militare di distruggere la guerriglia acquisisce una maggior importanza su le altre considerazioni, nonostante ciò le operazioni devono essere pianificate cercando di minimizzare i danni alla proprietà civile. Le controguerriglie devono in tutti i casi trattare la popolazione civile in modo giusto e ragionevole, appoggi o no la nostra forza. Il trattamento inumano e gli atti criminali sono violazioni serie e punibili dal diritto internazionale e dalle nostre leggi.  [9]

La dottrina militare messicana sostiene che le operazioni di controllo della popolazione civile vengono effettuate mediante un comitato che riunisce le autorità militari con rappresentanti dell’autorità civile e delle organizzazioni affini all’esercito:

592. Per controllare la popolazione civile, è necessario che esista un totale coordinamento tra le forze militari e le organizzazioni che intervengono, per cui si dovrà stabilire un comitato con i rappresentanti di tutte le forze affinché pianifichino e coordinino le loro azioni sotto un solo comando.

593. Le forze che normalmente intervengono nelle operazioni di controllo della popolazione e delle sue risorse sono:

A. Organizzazioni governative.

B. Forze di polizia.

C. Forze militari.

D. Organizzazioni sociali, politiche ed economiche, come partiti politici, sindacati, organizzazioni sportive, camere di commercio, ecc. [10]

A partire dal 1994, ugualmente ai gruppi paramilitari che ci sono stati durante le guerre interne in Guatemala ed El Salvador, i gruppi paramilitari nel Chiapas si sono dedicati a seminare il terrore nelle comunità indigene che simpatizzano con l’EZLN, mediante assassini, imboscate, incendio di paesi, minacce di morte, espulsioni, furto di bestiame, detenzione e tortura di basi di appoggio o di miliziani zapatisti.

Dal 1995 le denunce di indigeni, consegnate ai gruppi per i diritti umani che hanno lavorato nel Chiapas, insistono sul fatto che i gruppi paramilitari operano in coordinamento con i gruppi di pubblica sicurezza, ricevono appoggio e addestramento dall’Esercito Messicano e che, a volte, si mescolano tra i contingenti di soldati e poliziotti che controllano i centri abitati del Nord e dell’Altos del Chiapas.

In qualità di Deputato Federale e presidente di turno della Commissione di Concordia e Pacificazione (COCOP), nel 1998 ho presentato una denuncia al PGR per l’esistenza di gruppi paramilitari nello stato; in una conversazione dei membri di questa commissione del Congresso dell’Unione con l’allora Procuratore Generale, Jorge Madrazo Cuellar, questo funzionario ci informò dell’esistenza di almeno 12 gruppi di “civili probabilmente armati”, eufemismo per riferirsi ai paramilitari. Per il caso è stata creata una procura speciale, la medesima che anni dopo è scomparsa, senza pena né gloria.

È evidente, nonostante ciò, che  il governo federale messicano non è riuscito ad ottenere che, come nel caso colombiano, i paramilitari fossero all’avanguardia nella guerra dello stato contro i gruppi ribelli. In Colombia, come osservai nel dipartimento del Putumayo, i paramilitari mantenevano un effettivo controllo di estese zone del territorio di questa nazione e costituivano l’avanguardia semiclandestina della controinsurrezione. Apparentemente fuori dal controllo dello stato colombiano, i paramilitari ricevevano finanziamenti dai proprietari terrieri e dai narcotrafficanti e sono stati una forza che ha anche chiesto il riconoscimento della belligeranza. Per raccomandazione dei consiglieri della CIA, l’esercito colombiano ha integrato i gruppi paramilitari nella struttura dello spionaggio militare nazionale.

Per tutti gli osservatori e i cittadini che a partire dal 1994 hanno osservato il conflitto in Chiapas, il governo federale, quello statale e i militari messicani hanno avuto fiducia che le forze paramilitari del nord del Chiapas, “Pace e Giustizia” e i “Chinchulines”, ottenessero all’inizio il controllo territoriale e rendessero non necessario l’intervento dell’esercito nel sostenere un combattimento diretto con le basi d’appoggio zapatiste. Nonostante ciò, le mobilitazioni dell’esercito messicano, che ci sono state durante tutti questi anni, mostrano che il governo federale ha considerato necessario mantenere la sua intensità castrense nelle zone di alta presenza politica zapatista. È evidente, allora, che i paramilitari non bastano a questo proposito; nonostante ciò, la coesistenza di truppe militari e di paramilitari nei medesimi teatri operativi implica la possibilità che in Messico diventi quotidiano ciò che è già quotidiano in altri paesi: operazioni congiunte di paramilitari e dell’esercito.

Il governo ha mantenuto l’uso dei paramilitari nonostante alcuni sintomi di deterioramento. Le Organizzazioni Non Governative chiapaneche dieci anni fa hanno denunciato che le basi paramilitari provavano, in alcuni casi, la medesima fame degli zapatisti e che erano scontente dei loro capi, come Samuel Sánchez, dirigente di Pace e Giustizia, perché stava sviluppando una sua impresa alberghiera e turistica nel municipio di Tila, mentre gli indigeni Chole continuano nella medesima povertà. A Tila si è anche arrivati a creare una Associazione di ex Militanti di Pace e Giustizia e alcuni paramilitari senza terra hanno fatto delle occupazioni di terreni nel Nord del Chiapas.

In questi anni sono proliferate le sigle e i nomi di presunti gruppi disposti alla guerra contro l’EZLN e le sue comunità d’appoggio: “Los Tomates” a Bochil, “Los Chentes” a Tuxtia Gutiérrez, “Los Quintos” nel municipio di Venustiano Carranza, “Los Aguilares” a Bachajón, “los Puñales ” ad Atenango del Valle, Tepisca e Comitán.

Le attività dell’Esercito, lontano dal mettere in evidenza di fronte alla popolazione una reale politica di pace dei comitati direttivi federali priisti-panisti, dimostrano il contrario. L’inquietudine provocata nella popolazione dalla presenza di paramilitari, la pesecuzione delle basi d’appoggio zapatiste che operano nei Municipi autonomi e nelle Giunte di Buon Governo, la maggiore presenza dell’Esercito nel Chiapas, e in altre regioni indigene della geografia nazionale, mettono in risalto tattiche tendenti a provocare aggressioni e sfollamenti di massa di fronte alla creazione di condizioni ottime per lo sviluppo del gran capitale nel processo di occupazione integrale da parte di compagnie di ogni tipo.

L’Esercito Federale mantiene una intensa attività nei territori zapatisti e in estese zone del Guerrero, Oaxaca, Veracruz, tra gli altri stati con popolazione indigena. Dall’organizzazione di attività di spionaggio, che hanno a che vedere con un tracciato più preciso delle mappe che riflettono i movimenti della popolazione, per intendere e controllare la quotidianità delle comunità indigene mediante la totale conoscenza dei loro sentieri rurali, dei loro lavori e dell’ubicazione precisa delle loro case, ma soprattutto della consistenza delle risorse naturali e strategiche ambite dalle compagnie transnazionali.

È da rilevare che fenomeni come il militarismo e il concomitante paramilitarismo sono in funzione di una nuova divisione internazionale del lavoro che vuole dare al Messico e alla regione centroamericana un ruolo di fornitore di biodiversità, di mano d’opera economica e di rotte di uscita delle mercanzie statunitensi verso i mercati del Pacifico, oltre a ciò che il paese rappresenta per quest’altra compagnia transnazionale, che è la delinquenza organizzata. Con in mente questa strategia, sono stati messi in pratica i programmi governativi messicani come quello di Attenzione alle 250 micro-regioni, Sviluppo Sostenibile della Selva e Integrale per lo Sviluppo Sostenibile della Selva, ecc.

I tentativi di allontanamento di 110 comunità della Selva Lacandona e della Riserva Integrale della Biosfera dei Montes Azules, per esempio, vanno precisamente nella direzione di creare condizioni di inabitabilità per queste comunità. Chi sta facendo il lavoro sporco, riceve le pressioni di imprese transnazionali come quelle minerarie o come le compagnie presuntamente ecologiste, Conservación Internacional, Gruppo Pulsar, Mc Donalds, Disney, Exxon, Ford e Intel, con un investimento di 250 milioni di dollari.

Per ottenere i propri obiettivi hanno contato sull’inestimabile aiuto di enti di ambito federale come sono la Procura Federale per la Protezione Ambientale e la Segreteria dell’Abiente e delle Risorse Naturali (Sermarnat). Ad accompagnare queste sollecitazioni è stato l’Esercito messicano, con i suoi programmi di controinsurrezione attiva o latente e l’uso di pesci feroci o paramilitari. Lontano dal dimostrare una vocazione di dialogo e pace,  l’Esercito fa dei costanti pattugliamenti nelle comunità indigene remote. Mostrando una suprema ignoranza della Costituzione, o passando coscientemente sopra la Legge Suprema, all’Esercito sono state concesse funzioni di polizia, e per questo, è aiutato da poliziotti giudiziari, paramilitari, venditori o predicatori religiosi, nel più vecchio stile dell’Istituto Linguistico di Verano.

Allo stesso tempo, lo stato va disgregando il tessuto sociale mediante il finanziamento di progetti produttivi che rompono con la vocazione tradizionale del suolo e delle forme consuetudinarie di produzione e proprietà collettiva della terra. Tali sono i casi intrapresi dai passati governi panisti che introducono attività altamente saccheggiatrici e redditizie, come l’allevamento o la palma reale. In questo senso, alcuni anni fa, sono state intraprese azioni da parte dei coltivatori di caffè di Ocosingo (ORCAO), che, con l’aiuto di programmi governativi, hanno sviluppato attività economiche senza il consenso della comunità, aumentando le azioni violente contro questa e le autorità autonome.

Ricapitolando, il paramilitarismo serve agli scopi della controinsurrezione, distruggendo o disgregando seriamente il tessuto sociale che appoggia la guerriglia. Agisce sotto le più diverse espressioni. Aggredendo coloro che prestano i servizi sociali negli accampamenti di sfollati, creando condizioni di inabitabilità alle comunità indigene e contadine che provocano lo sfollamento, coalizzandosi con autorità civili, esercitando la persecuzione mediante l’azione di giudici venali, infiltrando le associazioni religiose, facendo attività di spionaggio, proponendo alternative di sviluppo che causano un deterioramento ambientale, ponendo come nemici dello sviluppo le comunità che si rifiutano di continuare la logica del profitto del capitale, con le conseguenti situazioni di instabilità, e soprattutto dando origine o aumentando la spirale di violenza nelle comunità e facendo di questa un modo di vita attraverso il narcotraffico, la militarizzazione e la criminalizzazione delle opposizioni.

A partire dal militarismo, dal crimine organizzato e dal paramilitarismo la fisionomia di molte comunità è cambiata. L’arrivo di fenomeni come la prostituzione, la tossicodipendenza e il narcotraffico non sono circostanze naturali, ma il risultato di una strategia di penetrazione del capitale, con i suoi molteplici bracci armati al servizio dello stato.

La prassi autonoma inequivocabilmente espressa nei Municipi Autonomi zapatisti e nelle Giunte di Buon Governo, nelle comunità che aderiscono alla CRAC, del Guerrero, a Cherán, Michoacán, o nei municipi di Oaxaca, per menzionare i casi più visibili, ha richiamato l’attenzione e ha significato l’aumento delle attività militari, e di ogni tipo di gruppi armati che sono in relazione con il crimine organizzato e i paramilitari. Queste esperienze, quando vanno acquistando protagonismo mediante autonomie di fatto, si sono poste una volta di più nel mirino dello stato. Manifestando strategie di resistenza anti-capitalista, tutelate nella giurisprudenza internazionale, come quelle espresse nel Trattato 169 dell’OIL e nella Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli.

Per questo, in qualsiasi progetto di riscatto della nazione per il futuro, sarebbe necessario dibattere a fondo i compiti costituzionali delle forze armate con il proposito di dare una svolta totale alla loro attuale condizione: nei fatti, vere forze di occupazione dei paesi. Un progetto per democratizzare il paese richiede il rafforzamento del controllo civile e legislativo delle forze armate e la scomparsa definitiva della quarta forza armata, illegale e clandestina, che riunisce i paramilitari e sulla quale si fondano le operazioni coperte del governo contro l’EZLN, gli altri gruppi armati e le organizzazioni civili di ogni tipo della resistenza pacifica nel territorio nazionale.

Note

[1] Leopoldo Martínez Caraza, Léxico histórico militar. Biblioteca del oficial mexicano. Secretaria de la Defensa Nacional, México, 1993.

[2] John Quick. Dictionary of weapons and military terms. McGraw Hill. Stati Uniti, 1973.

[3] “El gobierno creó en 1976 brigada especial para “aplastar” a guerrilleros en el valle de México” La Jornada, 7 luglio 2008.

[4] Manual de guerra irregular. Operaciones de contraguerrilla o restauración del orden. T. II, SEDENA, gennaio 1995.

[5] Ibíd.

[6] Ibíd.

[7] Ibíd.

[8] Ibíd.

[9] Ibíd.

[10] Ibíd.

1 febbraio 2013

En el Volcán

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
Gilberto López y Rivas, “Paramilitarismo y contrainsurgencia en México, una historia necesariapubblicato il 01-02-2013 in En el Volcán, su [http://www.enelvolcan.com/feb2013/226-paramilitarismo-y-contrainsurgencia-en-mexico-una-historia-necesaria] ultimo accesso 27-03-2013.

I commenti sono stati disattivati.

  • You enabled the 2nd sidebar. Add some widgets here to remove this notice