Conferenza stampa


La Jornada – Sabato 17 luglio 2010

Confermano la strategia “ai più alti livelli” per distruggere le comunità ribelli.  Brigata Europea: Resistenza al capitalismo, scuola per la libertà zapatista. Accusano “lamaggioranza dei mezzi di comunicazione” di criminalizzare il movimento

Hermann Bellinghausen. San Cristóbal de las Casas, Chis., 16 luglio. “Rinunciando ad egemonizzare ed omogeneizzare la società, gli zapatisti hanno saputo trasformare la resistenza al capitalismo nella scuola della loro libertà, attraverso la costruzione dell’autonomia che si declina in: organizzazione politica, salute, educazione, agroecologia, comunicazione, lotta per la terra e il territorio e per i diritti delle donne”.

In questo termini caratterizza l’esperienza delle comunità ribelli laBrigata Europea di Solidarietà con gli Zapatisti, che oggi conclude il suo viaggio nei cinque caracoles. Per questo, “insieme queste affrontano aggressioni talmente simili che non resta altro che confermare l’esistenza di una strategia globale, elaborata ai più alti livelli del potere politico, strettamente legati agli interessi dell’economia capitalista internazionale” per distruggere la resistenza.

Dopo aver visitato anche comunità minacciate o aggredite, la brigata ha riscontrato che “la costruzione di un sistema autonomo di salute ha permesso di ridurre la mortalità infantile e materna; si dà molta importanza al recupero della medicina tradizionale ed alla prevenzione evaccinazione”, nelle comunità.

Nel caracol di La Realidad opera un ospedale generale equipaggiato per interventi chirurgici, ultrasuoni ed analisi di laboratorio. La clinica della donna Comandanta Ramona, a La Garrucha, dal 2008 “è un riferimento per quanto riguardai diritti delle donne”.

L’educazione, “obbligatoria fino alla vecchiaia”, rappresenta un processo di cui la scuola fa parte, così come “condividere e lavorare nella comunità per tutta la vita”. A Morelia, per esempio, quest’anno esce la prima generazione dalla secondaria tecnica “i cui studenti assumeranno incarichi nell’educazione o in altri settori, secondo la necessità della loro comunità e la loro volontà”.

Un rappresentante dello stabilimento balneare El Salvador, ad Agua Clara, ha detto ai brigatisti: “Non abbiamo vergogna perché non stiamo rubando, ma lavorando la terra. Non abbandoneremo mai la lotta”. Ha sottolineato che la terra non si vende. “Tutto quello che prendiamo dalla terra, lo dobbiamo restituire. Il contrario di quanto fa il capitalismo che esige sempre di più dalla terra senza restituirle niente”.

Così, “l’autonomia zapatista si costruisce sul principio fondamentaleed ancestrale dell’attenzione alla terra e alle risorse naturali. La sovranità alimentare dipende dai principi dell’agroecología, dal rifiutode prodotti chimici e dalla conservazione dei semi nativi per non dipendere dalle multinazionali”.

Nel caracol di Oventic è stato spiegato alla brigata “come usare prodotti organici sostenibili e non chimici, perché provocano problemi di salute alla terra”.

E’ stato anche apprezzato il lavoro collettivo delle radio comunitarie e delle squadre di cineasti. Solo a Roberto Barrios la commissione video lavora dal 1998 ed ha pubblicato diversi documentari.

Gli osservatori europei rilevano che, in mezzo a tutto questo, “assistiamo in tutti le zone zapatiste ad uno scenario che presenta lo stesso sviluppo, dove l’azione governativa occupa un posto centrale”. Lemisure istituzionali sono state “insufficienti” per dividere le comunità, “cosicché lo Stato conta su altri alleati”, come gruppi religiosi di diverse chiese.

La maggioranza dei mezzi di comunicazione, aggiungono i brigatisti nella loro relazione finale, “contribuiscono al tentativo di isolamento del movimento zapatista” attribuendogli “comportamenti criminali”, e criminalizzandolo “si cerca di isolarlo dall’appoggio popolare”. Sommando le manovre clientelari dei partiti politici, “disponiamo del quadro completo di un’azione combinata di destabilizzazione”.

Tutto ciò poggia su “minacce istituzionali”: la presenza militare massiccia con pattuglie quotidiane e “le irruzioni improvvise di poliziotti nella zona zapatista, col pretesto di cercare armi o droga o di reprimere strumentali ‘conflitti intercomunitari’ “.

Al di là di questi interventi governativi, “la parte più violenta delle pressioni è esercitata dai gruppi paramilitari che moltiplicano leazioni in completa impunità”, aggiungono gli osservatori.

Il tentativo di “ridurre” il movimento zapatista risponde “a due obiettivi essenziali del potere: il controllo della popolazione attraverso le città rurali sostenibili e concretizzare la privatizzazione della terra a beneficio di investimenti multinazionali”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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