La Jornada – Giovedì 22 aprile 2010
Víctor Ballinas e Andrea Becerril
Legislatori, vescovi, intellettuali, studiosi, rappresentanti di
organizzazioni non governative ed indigeni hanno chiesto il compimento
degli accordi di San Andrés.
Sostengono che nonostante la riforma del 2001 che ha inserito nella
Costituzione i diritti indigeni, questi non godono ancora di tutte le
garanzie, “sono discriminati, esclusi, sfruttati, spogliati delle loro
risorse e territori; non si è fatta loro giustizia e non hanno
educazione e salute”.
I vescovi Raúl Vera e Felipe Arizmendi; il sacerdote Miguel Concha
Malo; gli intellettuali Rodolfo Stavenhagen e José del Val Blanco; gli
indigeni Adelfo Regino, Abundio Marcos e Valentín de Rosa; il
ricercatore Emilio Álvarez Icaza, così come l’ex ministro e deputato
Juventino Castro y Castro, tra altri, hanno rilevato che “lo Stato deve
riconoscere il loro diritto alla libera determinazione e all’autonomia,
perché i popoli indigeni non vogliono costituire un altro Stato, bensì
essere considerati uguali”.
Partecipando ieri al Senato al forum Gli Accordi di San Andrés,
questione irrisolta, organizzato dalla Commissione Bicamerale di
Concordia e Pacificazione, Juventino Castro y Castro ha dichiarato:
“Molti credono che la riforma costituzionale del 2001 che ha introdotto
all’articolo secondo della Magna Carta i diritti indigeni, sia la
continuità degli Accordi di San Andrés. Non è così: si somigliano, ma
questi continuano ad essere la questione irrisolta”.
Per questo, ha sollecitato a “riprendere le idee di San Andrés
Larráinzar. Il concetto di libera determinazione non è equivalente ad
autonomia. La libera determinazione è un principio di uguaglianza,
questo è fondamentale. Il secondo articolo costituzionale è un articolo
fallito; fa credere che i popoli possono nominare le autorità, che
hanno dei privilegi, ma la legge non è stata realizzata, per questo
bisogna rivitalizzare gli accordi di San Andrés”.
Rodolfo Stavenhagen, ex relatore dell’ONU per i diritti dei popoli
indigeni ha affermato: “si deve riconoscere il diritto collettivo dei
popoli indigeni alla libera autodeterminazione. Ricordo che quando
discutevamo di questo concetto, un settore del governo ci diceva che
gli indigeni volevano stabilire un altro paese. Niente di più falso:
vogliono la libera autodeterminazione per partecipare alle decisioni
che riguardano il loro sviluppo”.
Del Val Blanco, direttore del Programma Universitario Nazione
Multiculturale della UNAM, ha insistito che gli accordi di San Andrés
continuano ad essere una questione irrisolta, “io “direi che è una
materia bocciata. Questa è la terza legislazione che affronta la
sfida”. Ha sottolineato che quello che succede è che “c’è ignoranza del
significato di autonomia e libera autodeterminazione”.
Ha chiesto che si riformi la Legge di Consultazione Indigena, perché
“ci sono ancora enormi territori delle popolazioni native, e se non si
agisce subito queste possono esserne private, come succede
costantemente. Ci sono investitori stranieri e transnazionali che le
spogliano del loro territorio e saccheggiano le loro risorse naturali.
Bisogna legiferare subito in materia per frenare questa situazione”.
Il vescovo Felipe Arizmendi ha detto: “I 12 milioni di indigeni
continuano a subire attacchi alla loro identità, non viene fatta loro
giustizia, non li si consulta per costruire opere sulle loro terre, non
hanno scuole né servizi sanitari; bisogna riprendere gli accordi di San
Andrés Larráinzar”.
Il suo omologo di Saltillo, Raúl Vera, ha dichiarato: “fin dal primo
giorno dei negoziati dopo l’insurrezione del primo gennaio 1994, il
Comitato Clandestino e la Comandancia General, così come i
gruppi che rappresentavano gli zapatisti ci dettero questa istruzione:
dite al governo che non vogliamo delle cose, vogliamo il nostro posto
in questo paese”.
Miguel Concha, presidente del Centro dei Diritti Umani Fray
Francisco de Vitoria, ha denunciato che “la riforma all’articolo
secondo della Costituzione a livello teorico parla dell’autonomia dei
popoli indigeni dentro lo Stato nazionale, benché a livello operativo
la consideri come qualcosa che attenta alla sovranità”. http://www.jornada.unam.mx/2010/04/22/index.php?section=politica&article=021n1pol