Proponiamo un lungo articolo di PD uscito sulla Regione del 17.9.08 sulla situazione della Carovana in Chiapas, con l’intervista e le fotografie di due militanti del CZmL.
Gli zapatisti non sono soli
Sotto due zaini pesanti procedono anche Roberto (Beto) Soldi ni e Catherine (Cath) Bartocci, due giovani ticinesi del colletti vo zapatista Marisol di Lugano.
Fanno parte della Carovana internazionale di osservazione e so lidarietà con le comunità zapati ste e si sono recati – assieme con altre centinaia di persone – dal 27 luglio alla metà di agosto nel lo stato del Chiapas, in seguito a un allarme rosso lanciato dalle comunità zapatiste in lotta e ac colto dai vari collettivi d’appog gio europei e latinoamericani. Dal 1994 (cfr. cronologia a lato) in questa regione è in atto una ribellione contro lo sfruttamen to e il dominio del governo mes sicano, che non riconosce agli indigeni i propri diritti, ma che al contrario li deruba e li am mazza. Nell’ultimo anno vi è sta to un innalzamento della tensio ne e un inasprimento delle azio ni repressive nei confronti degli zapatisti, fatti di cui la carovana è potuta essere testimone.
La vita quotidiana nelle co munità zapatiste è dunque sino nimo di difesa dei propri diritti, che gli uomini, le donne e i bam bini sono riusciti a tradurre in un nuovo modo di fare società. « La carovana – spiega Cath – è stata un mezzo per cercare di diffondere l’esperienza zapatista che è un esempio di democrazia partecipativa, dove tutta la co munità contribuisce alla presa di decisioni secondo la pratica del ‘comandare obbedendo’. È in atto un processo irreversibile di rior ganizzazione a partire dal basso della popolazione e del territorio, un vero e proprio esercizio del l’autonomia » .
L ‘Altra Campagna In basso e a sinistra, in senso anticapitalista, è proprio anche la base sulla quale l’Esercito za patista di liberazione nazionale ha lanciato nel 2006 l’Altra cam pagna, con l’intento di creare una rete di affinità tra gruppi ex traparlamentari e quelle realtà sparse sul territorio messicano che non riconoscessero la delega ai partiti come strumento del fare politica. « Con il programma politico nazionale della Otra Campaña– dice Beto – gli zapati sti si sono voluti rivolgere ad or ganizzazioni, associazioni, col lettivi, individui non istituziona lizzati e che non mirano a prende re il potere o a lavorare per il go verno e che in teoria e in pratica si definiscono di sinistra. Una chia mata alla società civile, diretta a tutti, indigeni, operai, contadini, casalinghe, studenti, omosessua li e lesbiche, religiosi e religiose, piccoli imprenditori ecc… Per co minciare ad incontrarsi, creare nuovi spazi dove poter ascoltare, condividere, imparare dalle altre lotte. Fare un’altra politica inclu dente tutti gli anelli considerati ‘deboli’ della società costruendo una vera alternativa gestita se condo la filosofia del ‘camminare domandando’».
Per proporre questa nuova idea – i cui contenuti sono ben descritti nella Sesta dichiarazio ne della Selva Lacandona – gli zapatisti hanno attraversato 32 stati messicani durante le ulti me elezioni. « Con il loro viaggio
– continua Cath – gli zapatisti hanno voluto parlare con la popolazione messicana, condividere cammini di resistenza e ribellio ne, convinti della necessità di ri creare degli spazi e dei momenti di partecipazione. La loro idea di territorio non si limita più unicamente alla terra da lavorare ma assume connotati più ampi: diventa spazio vitale, cultura, co- struzione di nuovi modelli di vita, di relazioni. In questo senso per loro è fondamentale difendere tut to ciò dagli attacchi distruttori del sistema dominante: quello neoliberista, occidentale».
Una lotta che non mira a prendere il potere Il rapporto con il potere è una questione centrale nell’esperien za zapatista. Oppressi per secoli e calpestati dai governi degli ul timi decenni, gli indigeni lottano al di fuori dei partiti politici, poi ché li considerano incapaci di ri spondere ai reali bisogni della popolazione. « In Messico come nella maggiorparte delle demo crazie occidentali – aggiunge Beto – stiamo assistendo a una crisi della rappresentanza politi ca che appare sempre più legata imprenscindibilmente a diktat economici e finanziari. In Chia pas si cerca di contrastare questo divario creando nuovi processi di responsabilità. Nei territori zapa tisti prioritaria è la dignità uma na e il rispetto di persone e am biente: relazioni basate su altri valori, quali la cooperazione e la solidarietà, che diventano una vera e propria ‘arma’, creatrice di vita. Unire le forze perché orga nizzati “si può” e noi in Ticino lo abbiamo visto, per esempio, alle Officine di Bellinzona ». Scegliere ciò che è veramente importante, dunque. Organizzarsi sul terri torio secondo le proprie neces sità, i propri modi e desideri. Ri mettere al centro delle priorità le vite di uomini e donne. « Proprio come i lavoratori e le lavoratrici delle Officine – conclude Beto – che si sono resi conto che per la lo gica neoliberista imperante loro non contavano più nulla: hanno deciso di essere protagonisti e determinare le decisioni che li ri guardavano. Poi sono nati i comi tati d’appoggio e una resistenza popolare; le analogie ci sono ». Queste le parole del subco mandante dell’Ezln Marcos, pro nunciate alla carovana interna zionale nel Caracol della Garru cha: ‘Vogliamo ringraziarvi di essere venuti fino qua per cono scere direttamente quello che sta accadendo nel processo zapa tista, non solo le aggressioni che stiamo subendo, ma anche quanto si sta realizzando qui, in territorio ribelle, in territorio zapatista. Speriamo che ciò che vedrete e che ascolterete possa essere portato lontano’…
I ‘Caracoles’, reti di resistenza e autonomia
Una nuova forma di pensare e agire: l’esempio del Municipio ‘17 di novembre’
Quando nel 2003 il governo messicano tradì gli accordi di San Andrés non ricono scendo di fatto i diritti dei popoli indigeni, gli zapatisti rinunciarono a riprendere le armi, ma continuarono a costruire l’auto nomia nei territori ribelli. Il progetto dei Caracoles – nati 5 anni fa – ha aperto infat ti nuove possibilità di resistenza e autorga nizzazione, nuove forme di pensare e agire che includono tutti i settori sociali. L’ar chitettura democratica dell’autogoverno nei territori zapatisti è fatta di Municipi autonomi e Giunte del buon governo: non esistono politici di professione e tutte le de cisioni vengono prese, per consenso, dalle comunità. Esse nominano le proprie auto rità locali che, a rotazione, a seconda delle esigenze di donne, uomini e bambini, de vono adempiere a precisi mandati, consci che se non li soddisferanno la loro designa zione verrà revocata. Una forma di autogo verno – costruita fra tante difficoltà e se condo i loro usi e costumi – che gli zapati sti stanno difendendo strenuamente. « Noi abbiamo fatto parte della Brigada 1, che si è recata nel Municipio autonomo 17 di no vembre – ci spiega Cath –. In tutte le comu nità ci sono state riunioni con i promotori/ici di salute e educazione e i membri delle comunità stesse, incentrate sul tema delle persecuzioni. Inoltre si sono affrontati temi quali giustizia, salute e edu cazione autonoma, partecipazione della donna, creazione e organizzazione di coope rative e sostenibilità alimentare ». Bisogna tenere conto che fino all’insurrezione za patista degli inizi degli anni Novanta gli indigeni non possedevano terre, morivano di malattie curabili e loro stessi e le loro ri sorse naturali venivano sfruttati. Con determinazione e una grande forza eti ca gli zapatisti sono riusciti a costruire un nuovo modello di ‘fare le cose’, dove con la pratica quotidiana dell’autoge stione, la creatività, la cooperazione e l’organizzazione comunitaria hanno consolidato la loro presenza sul territo rio chiapaneco e sono riusciti a mante nere la coesione delle loro comunità. « Da questo punto di vista – ci dice Beto – è in atto un chiaro tentativo da parte dei tre livelli di governo (municipale, statale, federale) di mettere indigeni con tro indigeni. Con la scusa della riorga nizzazione dei latifondi, le autorità as segnano terre recuperate dagli zapatisti ad altri indigeni. Attraverso il finanzia mento di fantomatici progetti per lo svi luppo, il governo cerca di corrompere i membri delle comunità non zapatiste da un punto di vista economico. L’obiettivo? Debilitare le basi d’appoggio zapatiste creando dinamiche conflittuali tra fra telli indigeni ».
Per chi volesse saperne di più: www.europazapatista.org http://czl.noblogs.org.
Invito al ‘Festival della rabbia degna’
Il subcomandante Marcos, leggendario ‘leader’ dell’Ezln, ha invi tato tutte le organizzazioni sociali e politiche messicane a parteci pare al ‘Primo Festival mondiale della rabbia degna’ per «cercare insieme una via di uscita all’attuale crisi mondiale». Un comunica to spiega quella che sarà la filosofia dell’incontro: « In Messico e nei cinque continenti abbiamo trovato quello che intuimmo quando iniziammo questa nostra sesta fase: c’è un altro mondo, c’è un altro cammino ». Il Festival si svolgerà dal 26 dicembre al 4 gennaio 2009 a Città del Messico, a Oventik e a San Cristobal (Chiapas).