Alberto Patishtán a digiuno in carcere


Alberto Patishtán a digiuno.

Frayba: Patishtán a digiuno per la sua libertà.

Dal carcere No. 5 di San Cristóbal de Las Casas, Chiapas Alberto Patishtán prigioniero politico della Voz del Amate annuncia di essere da 4 giorni a digiuno allo scopo di chiedere alle autorità federali del Consejo de la Judicatura federal e del Primer Tribunal colegiado de Vigésimo Circuito de Chiapas, di rilevare e risolvere il suo riconoscimento di innocenza.

Via @chiapasdenuncia: En ayuno Alberto Patishtán por su Libertad hoy lleva 4 días

Lettera di Alberto Patishtán: Link


Nuova campagna per Patishtán.

21 marzo 2013 di Comitato Chiapas “Maribel” Bergamo

La Jornada – Giovedì 21 marzo 2013

Nuova campagna internazionale per la liberazione di Patishtán

HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristóbal de las Casas, Chis., 20 marzo. “La Suprema Corte di Giustizia della Nazioneión (SCJN) non si aspettava la reazione di indignazione generale suscitata dal suo rifiuto di rilevare il caso di Alberto Patishtán Gómez”, ha affermato oggi il suo avvocato Leonel Rivero Rodríguez. La Corte “ha mentito” nel giustificare il suo verdetto, e questo è un fatto che si verifica “molto raramente”. Oltre al fatto orami noto che è “innocente”, ha aggiunto durante la conferenza stampa nella quale è stata annunciata la nuova campagna internazionale per la liberazione del docente tzotzil.

Il collettivo Ik, che accompagna i prigionieri politici e di coscienza, a sua volta ha sottolineato che “appoggiano la sua liberazione il governatore Manuel Velasco Coello ed il vescovo di San Cristóbal Felipe Arizmendi e l’EZLN attraverso il subcomandante Marcos, oltre a tutto un movimento sociale nel municipio di El Bosque”, formato da persone di diversi partiti, e tutte le chiese lì presenti (cattolici, presbiteriani, testimoni di Geova, evangelici, pentecostali). “Si è mai vista prima una coincidenza simile tra voci tanto diverse?”.

Questo, “mentre non esiste polemica, nessun settore si oppone alla sua liberazione né vi sono dubbi sulla sua innocenza”, rileva Rivero Rodríguez.

Dal carcere numero cinque, per via telefonica, lo stesso Patishtán ha convocato “una nuova tappa di mobilitazioni” a partire da oggi fino al 17 aprile, davanti ad ambasciate e consolati del Messico all’estero, simultanee a quelle che realizzerà a El Bosque, Tuxtla Gutiérrez e Città del Messico il movimento indigeno del suo municipio che da 12 anni chiede la sua liberazione e riceve solo disprezzo. Oggi stesso si è svolta una protesta di fronte all’ambasciata di Londra.

“Nonostante questa nuova ingiustizia, non mi fermerò mai per il bene della giustizia e della libertà”. Nel suo appello si rivolge a collettivi, chiese, studenti, operai, comunità, e chiede anche la liberazione dei suoi compagni Solidarios della Voz del Amate.

Dodici anni in carcere, accusato dell’omicidio di sette poliziotti in un’imboscata nel giugno del 2000, una volta condannato non si è più indagato, sempre ammesso che si indagò prima di chiudere il caso che si è poi coperto da un velo di sospetto, mistero e oblio. O almeno contava su questo chi ha voluto mantenere Patishtán rinchiuso in cinque prigioni diverse, compresa quella di massima sicurezza in Sinaloa.

Il professor Martín Ramírez, portavoce del movimento civico di El Bosque, ha dichiarato: “Se si fossero applicati gli accordi di San Andrés firmati dal governo con l’EZLN, Patishtán sarebbe libero, perché ci sarebbe una giustizia migliore per gli indigeni. Non capiamo perché continuano con le stesse pratiche di 200 anni fa. Siamo nel XXI° secolo e si continua con la tortura e il disprezzo, come ha fatto ora la SCJN. Alberto è un prigioniero politicoper avere lottato a favore della gente” ed aver denunciato pubblicamente la corruzione della giunta priista di El Bosque di allora. “O è un reato essere contro l’ingiustizia?”, ha chiesto.

Rivero Rodríguez ha esposto la sua interpretazione del disinteresse esplicito della SCJN di fronte alla richiesta di rilevare il caso: “Ha solo deciso di non rilevarlo; non ha respinto il ricorso. E’ stata una decisione che ha diviso i magistrati”. La Corte “non è stata all’altezza della sfida” che gli presentava questo “audace” ricorso. Come ha detto uno dei giudici che ha votato contro: “non spetta alla SCJN scoperchiare il vaso di Pandora”.

Ciò nonostante, esistono ancora possibilità che si faccia giustizia, sostiene Rivero. “Il caso deve andare al Primo Tribunale Collegiale, a Tuxtla Gutiérrez, e questo si pronuncierà se abbiamo ragione. Le prove di 10 anni fa, quando fu condannato, dal 2009 non sono più valide, il procedimento è stato reinterpretato ed attualmente quelle ‘prove’ risultano illegali”.

Ha inoltre ipotizzato altre alternative oltre alla decisione del primo tribunale (“che potrebbe prendersi qualche giorno se c’è la volontà”), come un indulto presidenziale. Al riguardo, ha detto, non possiamo pronunciarci perché sarebbe come ammettere colpevolezza e non lo faremo, ma questo spetta al Presidente della Repubblica, che può farlo in maniera unilaterale senza andare oltre le sue facoltà né violare la Costituzione”. http://www.jornada.unam.mx/2013/03/21/politica/021n1pol

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