Libertà per Alberto Patishtán.


La Jornada – Giovedì 23 febbraio 2012

Il professor Patishtán chiede al governatore Sabines di mantenere la parola data di liberarlo e ritiene il suo trasferimento nel carcere di Sinaloa “la punizione per aver chiesto giustizia”

Hermann Bellinghausen

Il professore tzotzil Alberto Patishtán Gómez, prigionieri politico della Voz del Amate e aderente all’Altra Campagna dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), in carcere da 12 anni –e che qualche mese fa è stato trasferito dal Chiapas al Carcere No. 8, chiamato Norponiente, a Guasave, Sinaloa–, accusa il governatore del Chiapas, Juan Sabines Guerrero, di non mantenere il suo impegno di intervenire per la sua liberazione presso le autorità federali.

“A quasi due anni da quando il governatore del Chiapas dichiarò pubblicamente la mia innocenza e si impegnò a liberarmi, questo impegno è rimasto solo nelle parole e non nei fatti”, sostiene il prigioniero di coscienza e difensore dei diritti umani della popolazione carceraria.

“Questo è avvenuto durante la sua visita all’Ospedale Vida Mejor dove ero ricoverato a causa del mio glaucoma”. Il fatto fu ampiamente reclamizzato dallo stesso governo chiapaneco. Nonostante questa dichiarazione – aggiunge il docente indigeno – “e la mia malattia agli occhi, sono stato vittima di un trasferimento a Guasave dopo che i detenuti della Voz del Amate e Solidarios de la Voz del Amate abbiamo dichiarato lo sciopero della fame, digiuno e presidio allo scopo di chiedere giustizia per la nostra ingiusta detenzione”. Ovvero, è stato punito per aver protestato.

Patishtán, portavoce della protesta durata 39 giorni tra settembre e novembre 2011, ha subito un “trasferimento violento” il 20 ottobre. “Attualmente, dopo quattro mesi dal mio trasferimento, il medico del carcere e le autorità hanno ignorato la mia malattia e l’assistenza e la situazione ora è critica e rischio di perdere la vista da un momento all’altro”, e ritiene responsabili anche le autorità federali.

Inoltre, chiede loro “di prendere posizione” ed esorta il presidente della Repubblica, Felipe Calderón Hinojosa, a concedergli “la libertà immediata e incondizionata, congiuntamente con i detenuti solidali della Voz del Amate, ingiustamente detenuti”.

Il professore, accusato falsamente di aver compiuto da solo un massacro di poliziotti nel municipio di El Bosque, Chiapas, nel 2000, fatto per il quale è stata pienamente provata la sua innocenza, nonostante la condanna, dichiara: “Le morti di innocenti, le sparizioni e le ingiuste detenzioni in Messico non cessano; attualmente vediamo solo le innumerevoli violazioni dei diritti umani da parte delle autorità federali e statali, e la cosa più triste, deplorevole, crudele e inumana è quando vengono violati i diritti di un detenuto innocente ed ammalato”.

La sventura di Patishtán è che è servito da capro espiatorio per non indagare a fondo su quei gravi fatti avvenuti sulla strada El Bosque-Simojovel. Se sarà liberato, le autorità dovranno indagare nuovamente sui veri colpevoli di quel massacro; questo metterebbe in dubbio l’ex governatore Roberto Albores Guillén, allora mandatario del Chiapas ed attualmente alleato politico di Sabines Guerrero. Sarebbe evidente che questo è un crimine non risolto e dal quale non sono mai state chiaramente definite le responsabilità delle autorità statali di allora. http://www.jornada.unam.mx/2012/02/23/politica/022n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

I commenti sono stati disattivati.

  • You enabled the 2nd sidebar. Add some widgets here to remove this notice