Gli sfollati tolgono in presidio


La Jornada – Sabato 14 gennaio 2012

Non avendo ottenuto risposte, gli indigeni che denunciano il sequestro di una bambina rimuovono il presidio e dicono: “Il governo ha agito per proteggere i paramilitari”

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 14 gennaio. Le famiglie degli indigeni sfollati degli ejidos di Busiljá e Cintalapa, Ocosingo, in presidio da 30 giorni nella piazza centrale di questa città per chiedere la libertà per i loro compagni Elías Sánchez Gómez ed Amílcar Méndez Núñez, rinchiusi nel carcere di Playas de Catazajá, e la restituzione in vita della minorenne Gabriela Sánchez Morales, hanno rimosso il presidio non avendo ottenuto alcuna risposta.

Inoltre, tutti sono stati privati della casa e della terra. Hanno inoltre rivelato che “il governo ha agito solo per garantire la massima protezione ai paramilitari” priisti che li hanno aggredito ed espulsi.

Gli indigeni del Frente de Ejidos Genaro Vázquez Rojas, aderenti all’Altra Campagna, denunciano “il carattere paramilitare” del governo di Juan Sabines Guerrero “che attraverso i diversi enti si è preoccupato di occultare le azioni del gruppo guidato da Herlindo López Pérez, Lorenzo Pérez Gutiérrez e Manuel Pérez Vázquez, che vogliono impossessarsi delle nostre terre; sono i responsabili del massacro nell’ejido Viejoo Velasco, nel 2006, e sono loro ad aver strappato le terre delle basi zapatiste della comunità 6 de Octubre, nel municipio autonomo Ricardo Flores Magón”.

Denunciano che a “fornire protezione ed appoggi” ai paramilitari sono i pubblici ministeri (MP) di Ocosingo e Palenque, il Consiglio Statale dei Diritti Umani (CEDH), la Segreteria Generale di Governo e le autorità di Ocosingo.

Raccontarono eventi che non erano stati resi pubblici. Il 29 dicembre il procuratore del Chiapas, Raciel López Salazar, ed il vice-procuratore Néstor Escobar Roque sono andati a Palenque; “ad informare i paramilitari di Busiljá e Cintalapa che eravamo in presidio per chiedere la loro punizione”.

I funzionari avrebbero detto che il governo non li avrebbe arrestati “perché sa che non è vero quello che dicono gli sfollati”. Hanno quindi proposto loro di fare una deposizione davanti al Pubblico Ministero, quelli di Cintalapa con atto 770, e quelli di Busiljá con atto 326, sul sequestro della bambina Gabriela, di otto anni. Cinque di Cintalapa “hanno deposto” riguardo alle accuse di violenza, saccheggio, sequestro, estorsione, tortura e fabbricazione di reati. A quelli di Busiljá il procuratore ha chiesto della bimba rapita ed il commissario ha negato che la bambina fosse in suo possesso. “Se le cose stanno così, allora è una bugia quello che stanno dicendo”, avrebbe detto il procuratore.

Lo stesso 29 dicembre, 10 elementi dell’Esercito sono entrati negli appezzamenti degli sfollati ed hanno interrogato le donne che stavano lì. Il giorno 30, inviati della CEDH – accompagnati da due poliziotti – “sono andati direttamente nella casa del paramilitare Benjamín Gómez Sánchez”, dove la minorenne rapita è stata vista, ma ovviamente non era più lì. Poi si sono riuniti con le autorità dell’ejido. I funzionari hanno suggerito che le persone coinvolte nel rapimento della bambina “lasciassero la comunità”. Mentre se ne stavano andando, si sono avvicinati alla casa di Nicolás Sánchez Gómez, compagno degli sfollati, “col pretesto di comprare delle banane”, ed hanno fotografato le sue figlie.

“Il 3 gennaio a Palenque sono stati convocati 15 paramilitari di Cintalapa, trasportati su veicoli della polizia, per ratificare quello che avevano dichiarato ai procuratori: che loro non hanno commesso reati. Sappiamo che c’è stato un accordo tra i procuratori, il PM ed i paramilitari”, sostengono gli sfollati.

L’8 gennaio, delegati della Segreteria di Governo e poliziotti statali si sono incontrati a Cintalapa con i priisti. “Il governo ha detto loro di non temere per il presidio degli sfollati”. Così, nonostante le prove, nessun paramilitare è stato fermato.

Intanto, gli indigeni detenuti nella prigione n. 17 di Playas de Catazajá hanno iniziato uno sciopero della fame per chiedere la destituzione del direttore. In una breve dichiarazione hanno affermato che il funzionario viola i loro diritti; inoltre “comanda alle guardie di custodia di eseguire accurate perquisizioni: alle donne fanno abbassare la biancheria e le guardiane le toccano nelle parti intime”. Giorni fa, un gruppo di detenuti della banda maras salvatruchas hanno picchiato tre reclusi e continuano a minacciarli. Gli scioperanti chiedono “la presenza del sottosegretario per dialogare e giungere ad un accordo, e speriamo che non ci siano rappresaglie, perché ci minacciano sempre di essere trasferiti in altre prigioni”.http://www.jornada.unam.mx/2012/01/15/politica/019n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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