La Jornada – Domenica 29 maggio 2011
Hermann Bellinghausen
“Il governo messicano non rispetta, protegge né garantisce i diritti umani che ratifica di fronte alla comunità internazionale, cosa che dimostra l’inefficienza del sistema della giustizia e la mancanza di volontà di ritrovare le vittime di questi crimini di lesa umanità”, ha dichiarato in Chiapas il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC).
Nel contesto della Settimana Internazionale del Detenuto Desaparecido, aggiunge: “Lo abbiamo constatato nei casi di sparizione forzata di persone che questo centro ha documentato”, e si unisce alla richiesta di ripresentare in vita le persone scomparse nel mondo, in America Latina, in Messico, ed in particolare in Chiapas, “dove, durante il conflitto armato interno ancora non risolto, attraverso una guerra di bassa intensità, lo Stato messicano è responsabile di gravi violazioni ai diritti umani”.
Il CDHFBC spiega che in Chiapas, “nel periodo più intenso del conflitto armato interno, la sparizione forzata di persone era una pratica comune”. Tra il 1995 e il 2001, durante il periodo presidenziale di Ernesto Zedillo, il centro documentò, solo nella zona nord dello stato, la sparizione forzata di 32 uomini e 5 donne per azioni del gruppo paramilitare Desarollo, Paz y Justicia, o Paz y Justicia, sparizioni che “rispondevano ad un piano di contrainsurgencia vigente dal 1994, con la finalità di annientare le basi di appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ed i suoi simpatizzanti”. Allora, Paz y Justicia aggrediva la popolazione civile nei municipi di Tila, Tumbalá, Sabanilla, Yajalón e Salto de Agua. Il gruppo si distingueva per la violenza attraverso imboscate, sgomberi, sparizioni, omicidi, violenze sessuali e torture”. L’organizzazione registra anche una trentina di indigeni zapatisti desaparecidos nel gennaio del 1994 durante i combattimenti contro l’Esercito federale.
Ma la situazione è andata avanti: “Con una politica contrainsurgente simile, il 13 novembre del 2006, a Viejo Velasco, Ocosingo, la comunità subì un’imboscata da parte di civili armati dell’Organizzazione Per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (OPDDIC), accompagnati da 300 elementi di Pubblica Sicurezza”. L’attacco provocò l’uccisione di quattro persone e la sparizione di Mariano Pérez Guzmán, Miguel Moreno Montejo, Pedro Núñez Pérez e Antonio Peñate López.
La pratica della sparizione forzata, come stabilisce lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, “costituisce un crimine di lesa umanità, dato che implica una violazione multipla e continuata dei diritti umani essenziali”.
L’organizzazione civile rileva che lo Stato messicano figura tra i principali promotori della Convenzione Interamericana sulla Sparizione Forzata delle Persone, lo Statuto di Roma e la Convenzione Internazionale per la Protezione di Tutte le Persone contro le Sparizioni Forzate. “Il paradosso è che ha introdotto riserve molto chiare per quanto riguarda la giurisdizione militare”, cosa che permette “violazioni dei diritti umani perpetrate da personale militare”.
Inoltre, è stata cancellata la procura speciale per i crimini del passato e si è omesso di eseguire “investigazioni adeguate per la sparizione di Edmundo Reyes Amaya e Gabriel Alberto Cruz Sánchez, membri dell’Esercito Popolare Rivoluzionario”, mentre tiene nell’impunità le sparizioni di emigranti che attraversano il territorio messicano”.
Rispetto alla convenzione internazionale per la protezione contro le sparizioni, il governo messicano si è riservato il non riconoscimento della competenza del Comitato Contro la Sparizione Forzata che esamina i casi presentati dalle vittime, i loro familiari o rappresentanti. “Decisione incompatibile con la natura stessa del trattato” che conferma, secondo il CDHFBC, “la mancanza di volontà politica di intraprendere azioni reali per abbattere e sradicare questa pratica”. http://www.jornada.unam.mx/2011/05/29/politica/003n2pol