Vogliono liberare altri responsabili del massacro di Acteal


La Jornada – Mercoledì 25 agosto 2010

Hermann Bellinghausen

L’organizzazione civile Las Abejas, del Chiapas, denuncia che prosegue la campagna per liberare altri paramilitari responsabili del massacro di Acteal avvenuto nel dicembre del 1997. “Con le nostre campagne contro l’impunità non pensiamo solo a noi stessi”, sostengono. “Pensiamo a tutti i messicani, affinché non si ripeta da nessuna parte un altro Acteal”. Invece, chi vuole liberare i paramilitari “favorisce l’impunità, approfondisce le divisioni, diffonde l’inganno e la menzogna e in questo modo prepara il terreno per altri Acteal ed affinché il popolo possa essere più facilmente spogliato del suo territorio e delle sue risorse”.

Las Abejas, aggiungono, “tessiamo la verità e la memoria, il malgoverno e le persone che difendono e proteggono i paramilitari distorcono la nostra parola e preparano strategie politiche per cancellare la memoria”. Ancora molti non hanno nella coscienza e nel cuore che Acteal è il prodotto della guerra di contrainsurgencia perpetrata dallo Stato messicano”. Intanto, denunciano, sui giornali e in TV appaiono “testimonianze di amici dei paramilitari che dicono che quelli liberati l’anno scorso dalla Corte Suprema non rappresentano un pericolo per i sopravvissuti e che è ingiusto che non possano ritornare nelle proprie case a Chenalhó; e così proseguono nella campagna per la liberazione di coloro che massacrarono 45 persone il 22 dicembre 1997”.

Citano le parole “dei rilasciati e di quelli ancora in carcere, i quali dicono di essere in prigione solo perché sono evangelici, o poveri e indigeni”. Ed è vero, ammettono Las Abejas. “Sono tzotziles, stanno male come noi a causa delle politiche del malgoverno, ma non è vero che si trovano in prigione perché sono evangelici. Prima del massacro, avevamo denunciato che nel gruppo paramilitare formato dal PRI e dal Fronte Cardenista era ben chiara la loro consegna quando venivano a minacciarci nelle nostre case. Queste bande, unite per distruggere la lotta dell’EZLN e Las Abejas a Chenalhó, erano composte da gente comune (non appartenente a nessuna religione), cattolici, presbiteriani, pentecostali”.

Ciò nonostante, il governo “con la complicità di pastori evangelici”, cercando “di deviare le indagini sugli autori intellettuali, tentò di liquidare la causa del massacro come ‘conflitto religioso’, e molti paramilitari che non appartenevano a quella religione sono diventati evangelici in prigione”. Con questa “manipolazione” della verità, molti evangelici e laici “sono caduti nella trappola”, senza accorgersi che “è una vecchia tattica dei potenti e degli oppressori presentare le vittime come i carnefici, ed i carnefici come le vittime”. Così, “ora risulta che i paramilitari che hanno rubato ed ammazzato sono le vittime che soffrono per la loro religione evangelica, mentre le vittime e i sopravvissuti del massacro sono i cattivi che vogliono mettere in prigione degli ‘innocenti’”.

Con altre “bugie e manipolazioni”, i paramilitari si “firmano come ‘La Voz de los Mártires’, nei loro video usano le immagini dei sopravvissuti di Acteal e sostengono di non aver avuto niente a che vedere col massacro”. Tuttavia, secondo Las Abejas “esistono testimonianze di familiari e mogli dei paramilitari che non negano quello che successe prima e durante il massacro, che dissero loro di non mettersi nei guai quando incominciarono a rubare i beni e bruciare le case dei nostri fratelli zapatisti”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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