(Traduzione “Maribel” – Bergamo)
La Jornada – Martedì 19 gennaio 2010
Juan Carlos Miranda. Le cause che diedero origine
all’apparizione del movimento zapatista in Chiapas (povertà e diritti
delle comunità indigene) il primo gennaio 1994, lo stesso giorno
dell’entrata in vigore del Trattato di Libero Commercio dell’America
del Nord (TLCAN) continuano ad essere attuali malgrado “per molti la
firma dell’accordo rappresentasse il nostro ingresso nella modernità”,
ha dichiarato la Confederazione degli Industriali della Repubblica
Messicana (Coparmex). Nel suo messaggio settimanale, l’organizzazione
ha fatto una riflessione su due eventi che, ritiene, hanno segnato la
storia recente del Messico: l’entrata in vigore del TLCAN e la comparsa
dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). “Il Messico
di oggi e le sue grandi sfide non si capirebbero senza l’influenza di
questi due avvenimenti”, ha affermato. La Coparmex afferma che
sebbene il Trattato di Libero Commercio abbia rappresentato benefici
per il paese, “non tutti i settori economici hanno ottenuto risultati
incoraggianti”. Aggiunge che nonostante l’accordo che rappresentava –
secondo l’organizzazione – l’ingresso del Messico nella dinamica
economico mondiale, col quale si è lasciò dietro un modello di sviluppo
basato sul protezionismo, “ancora il 51% dei messicani vive nella
povertà e quasi 19,5 milioni in povertà estrema”. Il presidente di
Coparmex, Gerardo Gutiérrez Candiani, sostiene che la comparsa
dell’EZLN fu la dimostrazione che non tutti i messicani erano d’accordo
con l’apertura commerciale e col nuovo modello di sviluppo che si
proponeva. Al di là della polemica sull’origine e gli “obiettivi
reali” dell’Esercito Zapatista, così come la sua espressione violenta,
con la quale – ha detto – gli industriali non sono d’accordo, questo
movimento ha inserito nell’agenda nazionale l’emarginazione e la
povertà che soffre una grande parte della società, ed il fatto che il
Messico è un paese plurale dove convergono distinte culture e
concezioni sullo sviluppo e l’organizzazione sociale. In questo senso
ammette che “la povertà e la disuguaglianza continuano ad essere il
maggiore debito sociale a 100 anni dalla Rivoluzione Messicana”.
Suggerisce che sarebbe opportuno che nell’attuale discussione sulla
riforma dello Stato si riprendesse la questione dei diritti indigeni,
in modo che si riconoscano pienamente queste garanzie collettive senza
andare contro i principi costituzionali, poiché “ci sono state varie
riforme sui diritti politici e culturali delle comunità indigene, ma
senza l’avallo di molti dei loro rappresentanti”. Rispetto al TLCAN,
Candiani segnala che si devono riconoscere i benefici che questo ha
portato a Messico, Canada e Stati Uniti. “A 16 anni, il volume
dell’economia dei tre paesi è raddoppiato, il commercio triplicato e
sono stati creati 40 milioni di posti di lavoro nella regione su una
popolazione superiore a 440 milioni di individui”. Inoltre, il
Messico è diventato uno dei maggiori destinatari di investimenti
stranieri del mondo, assorbendo più di 156 mila milioni di dollari dai
suoi due soci in 15 anni, ed è diventato una potenza industriale ed
esportatrice. Tuttavia, fa notare che il grande punto in sospeso del
Messico rispetto al trattato commerciale e agli altri accordi simili
stipulati con altri paesi o blocchi regionali, è integrare le sue
piccole e medie imprese alla dinamica del commercio internazionale, sia
come esportatori o come parte della catena di fornitura di queste.
Dichiara inoltre che il Trattato di Libero Commercio dell’America del
Nord è entrato in una fase di stagnazione nella sua “competitività”, e
sottolinea che la nostra regione sta perdendo i vantaggi in confronto a
16 anni fa, per cui ritiene necessario rafforzare l’accordo per passare
dall’integrazione commerciale ad un’integrazione produttiva che
contempli fattori come infrastrutture, regolamenti e pratiche
economiche sostenibili. http://www.jornada.unam.mx/texto/003n1pol.htm
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)