Desaparecidos


La Jornada – Mercoledì 1 settembre 2010

Il Centro Frayba esige la punizione dei responsabili delle sparizioni in Chiapas

Hermann Bellinghausen

In occasione del Giorno Internazionale delle Persone Scomparse, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC) ha rimarcato che in Chiapas, “i crimini di lesa umanità non devono restare impuniti; è necessario che si sappia dove si trovano le vittime, si faccia chiarezza sui fatti, si trovino i responsabili, si prendano provvedimenti affinché non si ripetano, si risarciscano i danni e si faccia giustizia”.

Aggiunge che negli ultimi decenni “i governi hanno optato per reprimere ed annichilire le manifestazioni sociali”. Come dimostrazione della “strategia di sterminio” contro il popolo, il centro ricorda che a luglio del 1997, nella comunità Miguel Alemán, municipio di Tila, membri dell’organizzazione paramilitare Desarrollo, Paz y Justicia realizzarono imboscate nelle comunità Cruz Palenque e Aguascalientes.

In un “clima di violenza generalizzata e minacce di morte” creato allora dai priisti di Paz y Justicia nella zona chol del Chiapas, all’alba del primo agosto 1997, a Cruz Palenque, persone armate e vestite di nero “come poliziotti” (erano i paramilitari di Paz y Justicia, comandati da Sabelino Torres Martínez), catturarono il giovane Miguel Gutiérrez Peñate, lo portarono in un campo e gli spararono alle spalle. Aveva 15 anni.

Ad Aguascalientes, federo irruzione nell’abitazione di Mateo Arcos Guzmán, lo colpirono ripetutamente con i machete “in presenza della moglie, lo trascinarono fuori e da allora non se ne sa più nulla”. Lo stesso giorno, a Cruz Palenque, i paramilitari assassinarono Nicolás Mayo Gutiérrez.

“Di fronte ai fatti di sparizioni forzate in Chiapas, il governo messicano continua a negare il suo coinvolgimento diretto”, sottolinea il CDHFBC, nonostante l’esistenza di rapporti e manuali “che proverebbero il suo coinvolgimento in piani di contrainsurgencia” per fermare le proteste della gente. Con la sparizione forzata si è cercato di “bloccare la diffusione del processo organizzativo dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale” ed stata parte di “un progetto strategico che prevede uno Stato militarizzato e para militarizzato”. Attraverso la “guerra preventiva, e con un forte apparato repressivo, si vuole neutralizzare ogni possibilità di lotta e di solidarietà mutua”.

Contro l’impunità istituzionalizzata che occulta crimini di lesa umanità e violazioni dei diritti umani, “popoli indigeni ed organizzazioni civili mantengono viva la memoria”. Questo ispira la lotta per la giustizia “e non la ripetizione di fatti vergognosi avallati da questo sistema di governo in degrado”. http://www.jornada.unam.mx/2010/09/01/index.php?section=politica&article=020n2pol

Traduzione “Maribel” – Bergamo)

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