La Jornada – Martedì 30 Marzo 2010
Magdalena Gómez
Contrainsurgencia: io non lo so per
certo… lo suppongo
L’evocazione al poeta Jaime Sabines non si
riferisce all’amore, ma parafrasa la tappa attuale della guerra
scatenata contro l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
(EZLN).
Le notizie che sono arrivate dal Chiapas nei mesi
recenti ci parlano di crescenti conflitti, apparentemente "sociali",
tra forze antagonistiche alle basi zapatiste nelle giunte di buon
governo, il cui asse è il recupero delle terre occupate dal 1994, e
nei quali i governi federale e statale appaiono come "falsi
mediatori". In quegli anni il governo federale destinò
risorse per indennizzare chi si presentava come proprietario senza
che fosse mai depositata una relazione chiara rispetto alle
sopravalutazioni che furono coperte. Erano i giorni, si supponeva, in
cui si stava aprendo la strada per il dialogo e rispondere alle cause
giuste che avevano dato origine al conflitto armato in Chiapas.
Alla fine dell’anno scorso si sono presentate diverse
situazioni (premonitrici). Da un lato si annunciava che si sarebbero
regolarizzate le giunte di buon governo su richiesta di alcuni dei
loro "rappresentanti"; tuttavia, queste denunciarono
immediatamente che non conoscevano i presunti portavoce e che non
avevano alcun interesse ad essere riconosciute, perché avevano già
vissuto l’esperienza del 2001, quando i tre poteri sbatterono la
porta in faccia al dialogo.
I giorni dopo corse voce in
Chiapas che l’EZLN preparava uno scontro armato, e settimane dopo,
quasi alla fine dell’anno, il governatore Sabines presentava
un’iniziativa di legge senza una consultazione previa, contraria ad
alcuni strumenti internazionali in materia indigena, la quale fu
approvata, ma, davanti alle reazioni contrarie si decise che il
governo non l’avrebbe promulgata; tutto passò sotto silenzio, non la
vietò esponendo i motivi. Cosa poteva dire se il progetto era suo?
Semplicemente la "congelò".
Tuttavia, le erratiche
manovre ufficiali nelle relazione con le basi zapatiste non
presagiscono che si arrivi a buon punto e, invece, la tensione
aumenta, per cui, specialmente in Europa nelle settimane scorse si
sono svolte campagne di solidarietà con gli zapatisti, mentre in
Messico siamo virtualmente saturi di tanti conflitti che si vivono in
tutto il paese e non si è prestata la dovuta attenzione alla
situazione del Chiapas.
Che la dirigenza zapatista stia in
silenzio ed il calderonismo li abbia omessi dal discorso pubblico,
non significa che l’apparato di intelligenza dello Stato sia
immobile.
C’è da supporre che dal suo lavoro sporco provenga
il materiale che lo scorso 27 marzo il giornale Reforma, quale
ciliegia sulla torta avvelenata e manifesta irresponsabilità, ha
pubblicato in otto colonne sull’EZLN e specialmente sul subcomandante
Marcos, e questa volta il tema ha una portata molto pericolosa.
A
partire da uno scritto di un presunto disertore di cui pubblicano una
parte, perché annunciano che è di 83 pagine, enfatizzano
l’armamento su cui contano gli zapatisti e danno cifre sulle risorse
finanziarie che ricevono, affermando temerariamente che provengono da
ETA. Insieme a ciò, pubblicano una foto che attribuiscono al
subcomandante Marcos senza cappuccio e di una serie di persone che,
come affermano, farebbero parte della struttura di
quell’organizzazione.
D’altra parte, che cosa possiamo
supporre ci sia dietro il fatto di vincolare lo zapatismo con
un’organizzazione come ETA? Perché si omette la dissociazione
pubblica che il sup Marcos fece rispetto ad ogni forma di terrorismo,
"da qualsiasi parte venga", in un conflittuale scambio di
missive con la stessa ETA? (La Jornada, 9/12/02).
Intanto,
questa accusa criminalizza le organizzazioni non governative europee
che appoggiano economicamente le giunte di buon governo e questo le
colloca nel mirino dello Stato spagnolo.
La faccenda non è
da poco, poiché immediatamente si evoca quel 9 febbraio 1995, solo
che questa volta non sappiamo se il colpo sarà solo mediatico o se è
un annuncio preventivo di azioni più grandi dello Stato, cosa che
non possiamo scartare.
C’è da supporre che la Commissione di
Concordia e Pacificazione (Cocopa) giustifichi la sua ragion d’essere
e indaghi con gli organismi di sicurezza nazionale e faccia conoscere
il motivo di questo colpo mediatico. Che gli zapatisti abbiano le
armi non è una notizia, il fatto rilevante è che rispettano il
cessate il fuoco dal 1994. Il Legge ancora vigente per il Dialogo, la
Negoziazione e la Pace Degna in Chiapas riconosce questa natura
all’EZLN; giustamente se il dialogo avesse dato frutti la fase finale
sarebbe il disarmo, ma tale processo è sospeso, perché spetterebbe
formalmente solo alla Cocopa la dichiarazione che si è rotto. Per
questo è importante enfatizzare in questo momento che lo zapatismo
continua ad essere protetto legalmente. Speriamo il calderonismo non
si sbagli ed il movimento sociale in Messico reagisca in tempo per
impedirlo. È urgente volgere lo sguardo al Chiapas in questi giorni
non tanto sacri. In ogni caso, il nostro silenzio sarà complice.
(Traduzione “Maribel” – Bergamo
http://chiapasbg.wordpress.com
)