LETTERA DI ALBERTO CHE ANNUNCIA CHE GLI HANNO DIAGNOSTICATO UN TUMORE
Alla opinione pubblica
Ai mezzi di comunicazione nazionali e internazionali
Ai mezzi d’informazione alternativi
Alla Sesta Internazionale
Alle organizzazioni indipendenti
Ai difensori dei diritti umani
Alberto Patishtan Gómez prigioniero politico de La Voz del Amate, aderente alla Otra Campaña dell’EZLN, recluso nel carcere n°5 di San Cristobal de las Casas, Chiapas.
Dopo dodici anni di ingiusta incarcerazione da parte del malsistema di giustizia,
che solo mi ha portato disgrazie nella vita mia e di quella dei miei compagni, come la perdita dei vincoli familiari, delle nostre case e il sorgimento di malattie croniche prese in carcere.
Così come nel mio caso: fui ricoverato nella città di Tuxtla Gutierrez il mese di marzo del 2010 e i dottori mi diagnosticarono un glaucoma, per cui mi dettero sei mesi di ricovero e delle medicine da prendere per tutta la vita.
Poi l’11 di maggio del 2011 mi fecero una TAC ma l’assistente sociale non mi consegnò mai i risultati; posteriormente fui trasferito al carcere di Guasave, Sinaloa, dove gli specialisti mi dissero che non si trattava di un glaucoma e mi diedero da fare un trattamento per un’altra malattia di tipo carnosa. Da lì mi trasferirono di nuovo in Chiapas, al Carcere n°5 di San Cristobal, ed oggi mi han fatto altri controlli approfonditi e gli specialisti mi hanno diagnosticato un tumore al cervello, già molto avanzato. È per questo che oggi denuncio pubblicamente gli abusi e le violazioni dei diritti umani, attuati dai dottori che hanno giocato con la mia vita, che mi hanno visitato non rispettando l’etica professionale tanto da subire da loro mancanza d’attenzione, negligenza e ritardi.
Per questo invito tutto il popolo chiapaneco a denunciare qualsiasi abuso legato alla situazione della propria salute o il fatto che sono ignorati da parte dei medici, affinchè questi pessimi servitori pubblici siano sanzionati conformemente alla legge. Inoltre faccio una chiamata al governo allo scopo di trovarmi specialisti per il mio caso e che mi diano un trattamento adeguato ed urgente.
D’altra parte continuo a esigere la nostra libertà immediata ed incondizionata per questi ingiuste incarcerazioni.
Infine invito tutta la società ed il mondo a essere vigile per questa situazione.
CORDIALMENTE
“La Voz del Amate”
Alberto Pathistan Gómez
Carcere n°5 de San Cristobal de las casas Chiapas,
25 settembre del 2012.
Alberto Patishtán è quasi cieco.
22 settembre 2012 di Comitato Chiapas “Maribel” Bergamo
La Jornada – Sabato 22 settembre 2012
Alberto Patishtán è quasi cieco per la mancanza di cure mediche
Hermann Bellinghausen
Mentre il governo federale tiene nel limbo la liberazione del professore tzotzil Alberto Patishtán Gómez in carcere a San Cristóbal de las Casas, il governo del Chiapas continua ad eludere l’obbligo di fornire assistenza medica a questo importante prigioniero di coscienza che a causa di questa mancanza sta perdendo la vista.
Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba) ha spresso indignazione per l’inefficienza dello Stato messicano nei confronti del prigioniero politico (dopo 12 anni di prigione, la difesa ha dimostrato la sua innocenza, come ha ammesso il governatore Juan Sabines Guerrero un paio di anni fa) che in innumerevoli occasioni ha denunciato le sue condizioni di salute. Lo Stato ha impedito l’assistenza medica adeguata, denuncia l’organizzazione.
Nei giorni scorsi, un oftalmologo di fiducia del docente, attivista dei diritti umani ed aderente all’Altra Campagna, lo ha visitato ed ha riscontrato la perdita progressiva della capacità visiva, poiché ha perso il 90% della funzione. Lo specialista ha dichiarato che la patologia non è oftalmologica, ma ormai è un problema che deve essere risolto urgentemente da un neurochirurgo.
Patishtán non può più svolgere le attività quotidiane. In una testimonianza dice: Dal 6 settembre non solo ho avvertito la perdita della visione laterale, ma sento come se le luci si stessero fondendo. La settimana precedente, aggiunge, “non potevo più leggere la Bibbia né vedere la tastiera con la quale accompagno i canti durante la messa (in carcere é ministro Eucaristico). Non riesco più nemmeno a scrivere”.
Il Frayba sottolinea che nel 2010, dopo una visita superficiale, un medico dell’istituto gli aveva erroneamente diagnosticato un glaucoma. Quello stesso anno fu ricoverato per sei mesi nell’ospedale Vida Mejor, di Tuxtla Gutiérrez ma senza essere stato curato in maniera professionale né efficace. In realtà si era trattato di una misura propagandistica del governo del Chiapas per dimostrare che adempiva ai suoi obblighi.
A maggio del 2011, le autorità vennero a conoscenza che la perdita della vista era dovuta più ad un’atrofia ottica discendente che al glaucoma. Gli fu praticata una TAC il cui esito fu nascosto al medico che lo curava. Poi, a causa del suo trasferimento forzato ed arbitrario nel carcere di Sinaloa, non fu più seguita la cura medica iniziata. Dopo altre denunce di Patishtán, furono eseguiti nuovi esami e gli fu diagnosticato, erroneamente un’altra volta, una neuropatia ottica ischemica.
Il Frayba chiede al governo di applicare senza ulteriori ritardi le misure cautelari concesse quest’anno dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH).
Intanto, nell’ambito della quarta tappa della campagna mondiale per la liberazione di Patishtán e di Francisco Santiz López, base di appoggio dell’EZLN, è stata diffusa una lettera indirizzata alla Suprema Corte di Giustizia della Nazione (SCJN) per chiedere la sua libertà immediata. Le organizzazioni dei diritti umani nazionali ed internazionali che sottoscrivono la petizione affermano che relativamente alla condanna a 60 anni di prigione del professore indigeno, chiedono al massimo tribunale di ammettere il ricorso per il riconoscimento di innocenza presentato dalla difesa.
I firmatari ritengono che per l’interesse suscitato da questo caso su scala nazionale e internazionale, si possono fissare nuovi criteri a partire dalle recenti interpretazioni sulla portata delle garanzie contemplate dalla Magna Carta e dai trattati internazionali ratificati dallo Stato messicano, che il Potere Giudiziario ha sviluppato alla luce della riforma costituzionale in materia di diritti umani. http://www.jornada.unam.mx/2012/09/22/politica/016n1pol