CHERAN FERITA NUOVAMENTE
Nella domenica 8 luglio del 2012, i comuneros Urbano Macías Rafael, di 44 anni, e José Guadalupe Gerónimo Velázquez, di 38 anni, sono stati sequestrati da gente del crimine organizzato nel municipio di Cherán, in una località conosciuta come “Karichero”, dove erano andati per accudire i propri animali in questa zona di bosco.
Laura Sánchez Salto, sposa di José Guadalupe ha segnalato che suo marito era uscito con il compagno Urbano Tomás alle 7:00 del mattino. Dopo le 9:30 hanno chiamato per avvertire il loro arrivo alla suddetta zona e che c’erano “los rancheros” e i “nipoti del Chava”, denominazione che si applica agli appartenenti del crimine organizzato. Dopo di ciò, la chiamata s’interrompe; le loro mogli hanno cercato di chiamarli diverse volte ma senza nessuna risposta. Dopo quella chiamata non hanno avuto più nessuna notizia.
Lourdes Tomas, nel corso della stessa giornata, e’ andata a denunciare la scomparsa dei comuneros all’ufficio del Ministero Pubblico locale, l’unica risposta che ha ottenuto e’ che le autorità non potevano accogliere la loro denuncia e nemmeno cercari le vittime, perché “era molto tardi”.
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L’avvocato David Peña, appartenente all’Associazione Nazionale degli Avvocati Democratici, ha segnalato in conferenza stampa che sono stati “aggrediti 13 compagni, dei quali 6 scomparsi e 7 assassinati, per tutti i casi sono state presentate denuncie presso il Ministero Pubblico statale e presso la Procura Generale della Repubblica, e nessuno di questi è stato risolto, perché vige una vera e propria situazione d’impunità e di permissività”.
La comunità di Chéran, attraverso una petizione, chiese al governo “un intervento immediato per smantellare ai gruppi civili armati che operano nella zona e particolarmente in alcune “rancherias” vicine a Chéran e per introdurre un sistema di sicurezza”.
La conferenza stampa si e’ conclusa con questa dichiarazione del Consejo Mayor di Chéran: “ Se le autorità non rispondono in maniera adeguata e con azioni al giorno d’oggi, porteremo questa risposta al nostro popolo e nelle assemblee si determinerà che fare nei prossimi giorni, e si deciderà il da farsi, e se si opterà di opporci con un fronte diretto ai gruppi armati in maniera diretta, così si faremo, l’autodifesa è un ricorso che abbiamo, forse l’ultimo, e che non abbiamo voluto usare, però se questo è il prezzo lo pagheremo”.
Sfortunatamente, il rischio di vedere applicata al futuro questa dichiarazione, è dalla sera dello stesso martedì, effettiva. L’avvocato David Peña ci ha comunicato un messaggio posteriore che i comuneros di Chéran hanno appena trovato i corpi senza vita dei desaparecidos, Urbano Macías Rafael e José Guadalupe Gerónimo Velázquez.Successivamente si daranno a conoscenza ulteriori informazioni sul ritrovamento, per il momento possiamo che i corpi stanno rientrando a Cherán, all’incirca verso le 6 di mattina di questo mercoledì, 11 di luglio, per celebrare la cerimonia funebre púrhépecha e determinare le seguenti azioni da intraprendere. Condividiamo il dolore e l’indignazione della Comunità di Cherán e continueremo a seguire ciò che succede per stare a suo lato con l’informazione.
http://www.proyectoambulante.org/?p=23030
Cherán trasforma il dolore in mobilitazione
Il racconto del sequestro e dell’assassinio dei due comuneros di Cherán e del corso delle successive mobilitazioni per la giustizia.
Intervista (in castigliano) con alcuni membri del Consiglio Maggiore realizzata da Ana Garduño
Ascolta e scarica l’audio (4’00”) qui: http://desinformemonos.org/Audios/consejo%20mayor.mp3
“Come spiego a mio figlio la maniera così vile con cui hanno assassinato suo padre. Esigiamo giustizia”.
Intervista (in castigliano) con la vedova di Guadalupe Gerónimo, uno dei due comuneros assassinati in Cherán realizzata da Ana Garduño
Ascolta e scarica l’audio (3’57”)qui: http://desinformemonos.org/Audios/capsulaviuda.mp3
Gloria Muñoz Ramírez
Messico. “Diciamo addio ai nostri fratelli, ma il nostro dolore non è di disperazione. Stiamo trasformando questo dolore in riflessione e in azioni per ottenere giustizia, democrazia e pace vera”, afferma Salvador Campanur, della comunità purhépecha di Cherán.
Lo scorso 12 luglio, l’intera comunità di Cherán, municipio inchiodato sull’altipiano purhépecha del Michoacán, ha sepolto Urbano Macías e Guadalupe Gerónimo, due comuneros sequestrati e successivamente assassinati dai taglialegna del ranch El Cerecito. Oggi, dichiara Campanur, “il popolo è afflitto, ma non c’è scoraggiamento, semmai una rabbia molto dignitosa”.
Il 15 aprile 2011, i comuneros di Cherán si ribellarono contro i taglialegna, i quali con la complicità del governo, devastavano la comunità saccheggiando il legname dopo aver già distrutto l’ottanta per cento dei boschi (15 mila dei 20 mila ettari). A cominciare dal quel giorno la comunità ha intrapreso la strada dell’autodifesa e nel febbraio 2012 ha ottenuto il riconoscimento ufficiale delle proprie autorità attraverso il Consiglio Maggiore.
La persecuzione tuttavia non è cessata e nemmeno il taglio di legna, in quanto i comuneros non riescono a vigilare sulla totalità dei boschi. Lungo questi 15 mesi di resistenza e autorganizzazione sono stati assassinati 13 comuneros dalla criminalità organizzata, tra cui Urbano Macías y Guadalupe Gerónimo, catturati domenica 8 luglio mentre si stavano dirigendo al loro appezzamento per badare agli animali.
Stanchi di tanta impunità, i comuneros hanno deciso in assemblea una serie di mobilitazioni per “esigere giustizia”, ed è per questo che il 13 luglio hanno occupato i caselli di San Ángel Zurumucapio e Zirahuén dell’autostrada Siglo XXI, evitando che gli automobilisti pagassero il pedaggio.
Con le mobilitazioni, avverte Campanur, “vogliamo che il governo dello stato capisca che vogliamo continuare il dialogo. Si tratta di rendere visibile il dolore e la rabbia che abbiamo, devono fermarli, devono smettere di attaccarci. Se il governo non ce la fa o è con loro, che lo dica apertamente”.
Sulle dichiarazioni del governo statale che etichetta il problema come un conflitto intercomunitario, Campanur afferma che a causa della “loro impotenza vogliono far credere che si tratti di contenziosi tra comunità, ma la realtà è che da un lato c’è la comunità di Cherán e dall’altro la criminalità organizzata, i paramilitari, i taglialegna, e abbiamo già visto che aggrediscono, picchiano, sequestrano e ammazzano la nostra gente. E c’è anche il mal governo, che esercita il disprezzo, la discriminazione e l’oblio, per questo sospettiamo della sua complicità con i delinquenti, perché diversamente risolverebbe il problema”.
“Non è vero”, insiste, “che si tratta di conflitti tra comunità. Come popolo purhépecha siamo fratelli. Quando ci sono delle controversie le risolviamo secondo la nostra cultura, con il dialogo. Quando si sono avuti problemi di terra, non siamo stati noi a crearli, ma i limiti di legge imposti, adesso però la situazione è diversa”.
In questo contesto, afferma il comunero, “esigiamo che i governi federale e statale intervengano e applichino la legge in modo definitivo. Vogliamo un pace degna e stabile, in quanto noi non stiamo aggredendo nessuna comunità. Noi siamo gli aggrediti dalla criminalità organizzata che opera con la complicità dei governi, insieme a quelli che vogliono cambiare la destinazione d’uso delle nostre terre, da montagna naturale a coltivazioni di avocado”.
Da aprile 2011 la comunità mantiene i suoi vigilanti notturni tradizionali, falò e barricate in tutte le entrate del municipio, e le autorità tradizionali hanno concordato riunioni mensili con il governo statale per dare continuazione alla richiesta di sicurezza e smantellamento dei gruppi paramilitari.
Allo stesso tempo, spiega Campanur, “la comunità unita preserva il lavoro collettivo, dove ognuno ha un ruolo, una funzione e un dovere da compiere. E in questo modo si costruisce la sicurezza della comunità, con tutti gli abitanti, dal bambino fino al nonno più anziano della comunità. Così funziona la protezione, con i nostri usi a cui abbiamo diritto”.
In questi momenti, spiega l’intervistato da Cherán, “siamo stanchi di chiedere al governo lo smantellamento dei gruppi paramilitari che danneggiano questa regione. Loro sanno chi sono e in quali comunità si trovano: Rancho El Cerecito, Rancho Morelos, Rancho Seco, Santa Cruz Tanaco, Huecate, Aranza, Paracho, Pomacuarán, Capácuaro, San Lorenzo y Nahuatzen. In queste comunità i partiti politici danno vita all’idea che la soluzione passi da loro. Ma in realtà i partiti portano alla divisione, alla disorganizzazione comunitaria e il loro obiettivo è quello di far sparire la nostra cultura”.
“Vogliamo stremare la controparte governativa e porteremo la denuncia anche nelle corti internazionali. Questa non è una faccenda di partiti né uno scontro tra fratelli dello stesso colore. Non ci lasciano altra strada che continuare la lotta, ma lo faremo attraverso le modalità della notra cultura per offrire al nostro popolo sicurezza, libertà e pace degna e vera”, avverte.
Sulle lotte post-elettorali attuali, Campanur riconosce che “ci sono altre lotte, con altri modi e noi le rispettiamo. Quello che diciamo è che stare insieme nel cammino dell’autonomia a noi dà forza per lottare contro la criminalità organizzata e il malgoverno. È questo che c’ha portato dei risultati. Con i nostri saperi stiamo dando una risposta alla crisi del paese, ma non possiamo dire a quanti credono in altre lotte di convertirsi o di fare le stesse cose che facciamo noi, però sì, diciamo che a noi ha portato dei risultati, insieme all’aiuto della società civile nazionale e internazionale”.
fonte: http://desinformemonos.org/2012/07/cheran-transforma-el-dolor-en-movilizacion/
(traduzione a cura di rebeldefc@autistici.org – http://www.caferebeldefc.org)