La Jornada – Mercoledì 9 maggio 2012
Campagna internazionale per la liberazione di Alberto Patishtán e Francisco Santiz López
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 8 maggio. Nell’ambito della settimana di lotta mondiale per la liberazione dei prigionieri politici indigeni Alberto Patishtán e Francisco Santiz López, che si svolgerà dal 15 al 22 maggio, per il giorno 18 è annunciata una marcia nel municipio El Bosque, di dove è originario Patishtán, oltre ad un “incontro di voci” ed un meeting nella piazza del municipio con la partecipazione degli abitanti del capoluogo e delle comunità vicine.
Alla convocazione del Frayba e del Movimiento por la Justicia en el Barrio di New York, si sono uniti collettivi e gruppi di Messico, Sudafrica, Brasile, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti ed Argentina pronti a “lottare affinché finalmente, come dice Gaby Patishtán, figlia di Alberto, in un recente videomessaggio, ‘siano liberati i nostri fratelli e sia data giustizia alle nostre famiglie’ “.
La prossima fine settimana a San Cristóbal de Las Casas si terrà un forum contro la detenzione politica e per la liberazione degli indigeni zapatisti ed aderenti all’Altra Campagna, convocato dalla Rete contro la Repressione e per la Solidarietà.
Con altre iniziative, il Movimento delle chiese per la pace il primo maggio ha installato il presidio intitolato “Libertà” nella Piazza delle Tre Culture di Città del Messico ed ha osservato una giornata nazionale di digiuno e preghiera. La Rete di Solidarietà col Messico di Chicago ha iniziato l’invio di lettere di sostegno a Patishtán “per dargli forza e rompere l’isolamento nel carcere in Sinaloa, lontano oltre 2 mila chilometri dalla sua famiglia.”
A sua volta, collettivi di diverse parti del Regno Unito hanno indirizzato una lettera al presidente Felipe Calderón per chiedere la liberazione dei due prigionieri politici indigeni del Chiapas: “Vediamo con preoccupazione e rabbia che in Messico le persone che si organizzano per difendere i propri diritti sono punite. Con la prigione li si vuole condannare all’olbio, al silenzio, alla sottomissione. Da lì ci giungono chiaia la loro voce ed il loro esempio”. Si dichiarano convinti dell’innocenza di Patishtán e Santiz López “perché sono attivisti sociali impegnati e perché questa è stata documentata dagli avvocati e dai centri dei diritti umani.”
Gli attivisti ricordano che Patishtán, in prigione dal 2000, ha fatto della prigione la sua trincea, con dignità sopporta la pena” ed inoltre “ha organizzato altri prigionieri politici per cercare di ottenere la libertà”. Per questo “è stato mandato in diverse prigioni e la sua ‘dimora’ attuale, a Guasave, Sinaloa, gli è stata assegnata come punizione per aver partecipato all’ultimo sciopero della fame intrapreso in Chiapas nel 2011″. Segnalano che il professore tzotzil “è diventato in una figura simbolo per i movimenti sociali”. E’ proprio per la sua degna ribellione che lo Stato messicano si accanisce contro di lui”.
Il “reato” di Santiz López è essere una base di appoggio dell’EZLN. “Per questo è in carcere e non per un presunto reato commesso a dicembre del 2011 a Banavil, Tenejapa. Come è stato dimostrato, non si trovava neppure sul luogo del reato al momento dei fatti”. http://www.jornada.unam.mx/2012/05/09/politica/019n1pol