 Vik2Gaza 14 Maggio 2011 – Gaza city
Vik2Gaza 14 Maggio 2011 – Gaza city
In ogni parte del mondo, il mare è una distesa di acqua che si perde  all’orizzonte, ad occhio nudo è un’avventura senza fine che sollecita  l’immaginazione, il desiderio, la voglia di andare oltre il suolo  calpestabile.
In questa terra sotto assedio militare, dove ogni attacco è teso a  minare l’autonomia della popolazione,  rendendola dipendente dalle  “generose” concessioni degli oppressori, il mare è una delle poche forme  per sopravvivere e provvedere al proprio sostentamento.
Nella Striscia di Gaza, anche il mare è una frontiera invalicabile, un ricatto vederlo lì ogni giorno, piatto o arrabbiato, con una minaccia costante fuori dalla natura e completamente dipendente dalla disumana voglia di sopraffazione. Il mare palestinese della Striscia di Gaza è completamente sotto il controllo militare dello stato d’Israele, ufficialmente restano attraversabili unicamente 3 miglia dalla costa, a discrezione dei cecchini di turno sulle motovedette israeliane.
Questa mattina il Convoglio Restiamo Umani ha incontrato le associazioni di pescatori che  si coordinano quotidianamente per salpare all’alba e riconquistare la  propria agibilità nelle acque sotto occupazione. Nonostante i trattati  internazionali prevedano la sovranità di uno Stato fino alle venti  miglia marine, lo stato di assedio che si vive in Palestina costringe i  pescatori, circa 4000, a fermarsi entro le tre miglia, subendo numerosi  attacchi armati da parte dell’esercito che determinano arresti, 150 solo  negli ultimi anni, feriti, morti e sequestri delle imbarcazioni.
 Le  stesse operazioni militari, non ultimo l’attacco chiamato “piombo  fuso”, continuano ad inquinare le acque e ad avvelenare i pesci del Mar  Mediterraneo, rendendo ancora più difficile una delle principali  attività di questa striscia di terra, e impedendo, così come ci ricorda  anche uno dei sindacalisti dei pescatori, le attività sportive legate al  mare. L’incontro si conclude di fronte ad un porto colmo di piccole   imbarcazioni, ognuna segnata da una differente storia di resistenza; tra  queste scorgiamo OLIVA, la piccola barca varata a  pochi giorni dalla morte di Vittorio Arrigoni,  a lui dedicata, e che  continuerà ad effettuare quelle operazioni di monitoraggio assistenza ed  interposizione che lui praticava, con l’idea di un Mar Mediterraneo  senza frontiere, dove ogni persona sia libera di muoversi e raggiungere  nuove terre. La barca OLIVA, come tutte le attività portate avanti da  Vik, avrà il supporto delle realtà che partecipano al convoglio, così  come quello dei comitati popolari contro il muro e le colonie che hanno  permesso la realizzazione di questo sogno, inaugurato durante il primo  giorno della conferenza sulla resistenza popolare a Bil’in.
Le  stesse operazioni militari, non ultimo l’attacco chiamato “piombo  fuso”, continuano ad inquinare le acque e ad avvelenare i pesci del Mar  Mediterraneo, rendendo ancora più difficile una delle principali  attività di questa striscia di terra, e impedendo, così come ci ricorda  anche uno dei sindacalisti dei pescatori, le attività sportive legate al  mare. L’incontro si conclude di fronte ad un porto colmo di piccole   imbarcazioni, ognuna segnata da una differente storia di resistenza; tra  queste scorgiamo OLIVA, la piccola barca varata a  pochi giorni dalla morte di Vittorio Arrigoni,  a lui dedicata, e che  continuerà ad effettuare quelle operazioni di monitoraggio assistenza ed  interposizione che lui praticava, con l’idea di un Mar Mediterraneo  senza frontiere, dove ogni persona sia libera di muoversi e raggiungere  nuove terre. La barca OLIVA, come tutte le attività portate avanti da  Vik, avrà il supporto delle realtà che partecipano al convoglio, così  come quello dei comitati popolari contro il muro e le colonie che hanno  permesso la realizzazione di questo sogno, inaugurato durante il primo  giorno della conferenza sulla resistenza popolare a Bil’in.
La giornata del Convoglio prosegue verso due dei più importanti presidi medici di Gaza City,  anche se mentre ci muoviamo abbiamo la fortuna di incontrare ed  attraversare un corteo promosso dalle reti di artisti che  quotidianamente contribuiscono alla Resistenza del popolo palestinese e  che accolgono la nostra partecipazione con il calore al quale ormai i  nostri fratelli e le nostre sorelle palestinesi ci stanno abituando.
Il primo ospedale che visitiamo è lo Shifa Hospital, in piena attività,  la struttura che durante gli attacchi militari soccorre e cura le  persone colpite da armi da fuoco. In seguito all’operazione piombo fuso  questo ospedale ha portato avanti le ricerche sulle conseguenze a lungo  termine dell’uso di armi non convenzionali utilizzate dall’esercito  israeliano in quello che ormai ritiene il proprio laboratorio a cielo  aperto.
Nonostante l’occupazione metta a repentaglio l’autonomia energetica, il  lavoro prezioso che il team di medici porta avanti nel quotidiano, lo  attesta come l’unico centro in grado di prestare assistenza alle persone  diventate sterili in seguito all’utilizzo da parte d’Israele del  fosforo bianco.
 Il  secondo ospedale che visitiamo è l’Alawda hospital, all’interno del  campo profughi di Jabaliya. Questa struttura, finanziata totalmente  dalle organizzazioni non governative, ha assistito 500 persone durante  l’operazione “Piombo Fuso” con la partecipazione attiva delle volontarie  e dei volontari dell’ISM, tra cui Vittorio, all’interno delle  ambulanze.
Il  secondo ospedale che visitiamo è l’Alawda hospital, all’interno del  campo profughi di Jabaliya. Questa struttura, finanziata totalmente  dalle organizzazioni non governative, ha assistito 500 persone durante  l’operazione “Piombo Fuso” con la partecipazione attiva delle volontarie  e dei volontari dell’ISM, tra cui Vittorio, all’interno delle  ambulanze.
Jabaliya Camp accoglie il Convoglio con l’entusiasmo di  centinaia tra le 190.000 persone ancora costrette ad abitare in 1,4  kmq; a portarci gli onori di casa, uno tra i più anziani abitanti. E’  una partita di calcio, stranamente finita in pareggio, a farci salutare  con la promessa di ritornare presto.
Without your freedom, we’ll never be free!
