Il nuovo anno zapatista


La Jornada – Sabato 2 gennaio 2010

Perseguitano gli
zapatisti perché rovinano gli affari a governo e partiti: dice la
studiosa.
“L’attacco contro gli zapatisti verrà da chi
crede, nella sua miopia, che si possa sradicare il loro esempio”

Hermann Bellinghausen, inviato. San Cristóbal de las Casas,
Chis. 1º gennaio.          
Le
istituzioni dello Stato messicano ed i partiti politici "non
hanno cessato di aggredire le comunità e municipi autonomi, in
particolare gli zapatisti, perché la loro pratica politica, la
democrazia comunitaria, evidenziano i loro veri fini, scoprono le
loro bugie, mostrano le loro contraddizioni, li mostrano in tutta la
loro meschinità e, non ultimo, rovinano loro gli affari nel
monopolio istituzionale della rappresentazione politica della
sinistra", sostiene la ricercatrice Paulina Fernández durante
il Seminario internazionale di riflessione, convocato da
Cideci-Unitierra in questa città.
Questi "beneficiano e
vivono alle spalle delle istituzioni, sono le cinghie di trasmissione
del capitalismo, del neoliberismo. Per questo attaccano e tentano di
distruggere tutto quello che impedisce loro di dominare, di
appropriarsi, di arricchirsi, di essere eterni nell’usufrutto del
potere".
Una riflessione chiave attraversa questo incontro
di intellettuali ed accademici: "La rivoluzione di cui abbiamo
bisogno non è la stessa alla quale siamo abituati dal 1789 e che per
tre secoli si è espressa in molti modi", ha affermato Javier
Sicilia, poeta ed editore della nuova rivista Conspiratio, una delle
cui preoccupazioni fondanti è pensare questa rivoluzione.
Il
fine dei paradigmi tradizionali della rivoluzione, come cambio in
favore delle maggioranze sfruttate, escluse e perseguitate, apre
strade molto diverse per riproporla, come dimostrano gli interventi
in questo seminario. Sergio Tischler, accademico dell’università di
Puebla, ha percorso la traiettoria del pensiero marxista e
rivoluzionario che ha dovuto sempre ceduto al "fascino per la
forma Stato", la quale non "risolve l’antagonismo sociale",
e riproducendo le forme di dominazione inerenti allo Stato si riduce,
citando Max Horkheimer, "ad una strategia di potere".

Rivedendo Lenin, Gramsci, lo stalinismo ed altre espressioni
della "rivoluzione" moderna, e guidato da Walter Benjamín,
Tischler ha illustrato lo sforzo che implica "pensare in altro
modo" le questioni chiave della sinistra anticapitalista
storica. "Lo zapatismo è la rottura del ‘continuum’ del
pensiero di queste questioni" per andare "oltre la
dominazione".
Per Sicilia i riferimenti sono altri, sempre
disprezzati dalla sinistra: Iván Ilich, Albert Camus, Gandhi. Ma le
sue conclusioni rispetto alla "altra" rivoluzione non sono
molto diverse. Come nemmeno, da una logica che sembrerebbe lontana
anni luce dalle idee marxiste, l’esperienza contemporanea ha
gemellato inaspettatamente l’attivista e pensatrice di origine indù,
e tunisina d’adozione, Corinne Kummar.
Presentandosi come
"pellegrina" arrivata qui per "celebrare" lo
zapatismo, "sotto l’influenza lunare" ed illustrando una
cornice referenziale femminile ed universale, Kummar ha detto di
concordare con chi considera lo zapatismo come "il movimento
sociale più importante del nostro tempo", poiché "osano
sognare". Ha elaborato in forma testimoniale e chiara il valore
come paradigma dell’azione delle donne, sempre escluse dai processi
di potere e di cambiamento.
Con le esperienze africane in mente e
considerando l’America Latina, ha sottolineato il "dialogo tra
civiltà" che si svolge attualmente, "da sud a sud",
che può essere l’unico che possa salvare il mondo. Un "nuovo
universalismo basato sul particolare, sul vernacolo".
Sicilia,
che ha inviato il suo contributo che è stato letto nel plenum,
riflette sulla "proporzione" che deve determinare i
processi emancipatori e trova "questa verità, questa
rivoluzione" nel movimento zapatista, che è tornato alla
"proporzione" (territorio, governo, vita collettiva) e
facendolo "ha provocato uno stravolgimento mondiale", ma
"molto pochi hanno compreso".
Paulina Fernández ha
descritto con sobri dettagli il funzionamento della democrazia e la
rappresentazione nelle comunità zapatiste, dove governare è una
"scuola" affinché tutti possano governare. Ed ha concluso
citando John Berger nel libro Planeta Tierra: Movimientos
antisistémicos, la cui pubblicazione ha dato origine a questo
seminario internazionale: "Probabilmente gli zapatisti sono a
rischio. Qualsiasi possibile attacco contro di loro verrà da chi
crede, nella sua miopia, che si possa sradicare il loro esempio".
 http://www.jornada.unam.mx/2010/01/02/index.php?section=politica&article=005n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo
 http://chiapasbg.wordpress.com
)            

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