Megaprogetti turistici.


La Jornada – Sabato 24 marzo 2012

I megaprogetti turistici minacciano le aree naturali protette del Chiapas

Hermann Bellinghausen. Inviato. Palenque, Chis. 23 marzo. Un fantasma si aggira nelle regioni indigene del Chiapas: l’espansione territoriale ed economica del turismo transnazionale che pone a rischio la vita produttiva, la cultura maya millenaria e l’ambiente, elementi che la propaganda degli investitori dice, al contrario, di proteggere. L’epicentro dell’imminente riconversione culturale e produttiva si trova a Palenque, ma mira anche alle lagune della selva Lacandona, principalmente Miramar, ancora oggi uno dei grandi prodigi naturali del Messico.

A Palenque gli investitori si fregano le mani. Nonostante i “contrattempi” di ordine sociale che hanno suscitato i progetti e megaprogetti programmati nella regione (espressi nell’opposizione attiva di comunità indigene in resistenza che ne verrebbero colpite) e le  impreviste limitazioni di bilancio imposte dall’attuale governo, si calcola che in due anni, con la notevole zona archeologica come epicentro, questa regione del nord chiapaneco entrerà nel mercato globale – specificamente rivolto al consumatore statunitense – come “destinatario” di primo livello di “avventura” light (tipo Costa Rica).

Durante il governo di Calderón si è proclamato che questi progetti turistici e infrastrutturali faranno esplodere lo sviluppo.

Secondo la testimonianza di un agente turistico di lunga esperienza che ha chiesto l’anonimato, ma che conosco bene, le autorità “vogliono privatizzare le aree naturali protette, e di fatto si sono già insediate qui le segreterie del ministero del Turismo e Ambiente e Risorse Naturali e l’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia, in un progetto che conta sull’appoggio finanziario di agenzie statunitensi come la USAID”.

L’informatore prevede, così come le autorità e gli investitori, la resistenza di abitanti ed operatori del settore dei servizi tradizionali che verrebbero rimpiazzati da una “nuova generazione” di guide, mentre gli autotrasportatori sarebbero dedicati ad un simpatico “treno archeologico” o autobus per il trasporto dei turisti dal nuovo aeroporto la cui costruzione “ora” sembra procedere.

Con questa “fusione” istituzionale si vogliono superare le scomode contraddizioni e confusioni legali tra parco nazionale, zona archeologica e zona turistico-alberghiera. “Ce n’è per tutti”, dice l’intervistato. “Le grandi catene alberghiere costruiranno i loro hotel nelle vicinanze della zona archeologica (a 9 km dalla città di Palenque), con centri commerciali e tutti i servizi”. Questo turismo pre-confezionato prescinderà dai servizi forniti dalla popolazione locale.

Come si è visto in anni recenti, il principale “ostacolo” sono le popolazioni indigene considerate nel progetto (come quelle che vivono ad Agua Azul, Agua Clara o Roberto Barrios), dove gli abitanti sono divisi o in conflitto, alcuni a favore dei progetti, altri che si oppongono.

Nell’area di Palenque ci sono in particolare due proprietà che, rifiutando di vendere, saranno espropriate “a prezzi stracciati”, “e già sono previsti gli interventi della forza pubblica, se necessario, nella comunità indigena El Naranjo, vicina alla zona archeologica; l’altra sono alcune capanne per turisti nell’area protetta”.

Le nuove guide addestrate per questo nuovo progetto di turismo sono state selezionate tra comunità choles, tzeltales e lacandone, tra i gruppi filogovernativi, impedendo che abbiano legami tra loro. La loro formazione omette conoscenze storiche a favore di un “turismo naturale” ed un addestramento “di sopravvivenza” studiato “secondo i gusti dei gringos; gli indigeni vengono perfino nutriti con hamburger Burger King, come se fosse una cosa straordinaria”.http://www.jornada.unam.mx/2012/03/24/politica/020n1pol

(Traduzione “Maribel” – Bergamo

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